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Jávea – Xàbia: 5 mete escursionistiche del Parco Naturale del Montgó

Jávea, in valenziano Xàbia, è un piccolo borgo costiero a metà via tra le città di València a Nord e Alicante a Sud. In origine un villaggio di pescatori, Jávea è un’oasi di pace situata nell’estremità settentrionale della Costa Blanca in Comunitat Valenciana.

Per cosa è conosciuta Xàbia? Prima di tutto, i suoi promontori scoscesi che dominano sulla costa alicantina e, senza alcun dubbio, gli splendidi chilometri di litorale vergini.

Adagiate in un andirivieni di insenature naturali, le sue calette sono magiche. Spiagge incontaminate e acque cristalline danno vita ad un connubio unico. Siti selvaggi da raggiungere a piedi, percorrendo i sentieri curati del Parco Naturale del Montgó.

Jávea è una località che custodisce la tipica tranquillità di un villaggio, valorizzando il contatto con la natura e il rispetto per l’ambiente. Il posto giusto dove essere, per chi ama il silenzio e la magia della natura.

Ecco le mete più suggestive da scoprire a Xàbia, esplorando il suo cuore pulsante: il Montgó.

Indice:

  1. Jávea: Parco Naturale del Montgó
  2. Jávea – Cap de Sant Antoni: Ruta 9
  3. Cova tallada – Torre del Gerro
  4. Mirador de Jávea: Molins
  5. Monte Montgó
  6. Ermita de Santa Lucia
  7. Jávea – Xàbia: Ciutat Vella
  8. Mappa sentieri Parco Naturale Montgó

Jávea: Parco Naturale del Montgó

Il Parque natural del Montgó, con i suoi 2117 ettari di superficie, è sito tra le due località costiere di Jávea e Dénia. Al suo interno, il Parco ospita un’ampia varietà di specie floreali, circa 700 in totale.

L’area protetta comprende la montagna del Montgó, 753 metri s.l.m., il Santuario Mare de Deu dels Angels, gli antichi Molins, e la natura, le grotte e le calette presenti sull’intero tratto di costa demarcato dai due porti dei villaggi confinanti.

Il Parco Naturale El Montgó è disseminato di sentieri che si intersecano e conducono in ogni angolo dell’area protetta. Per i più temerari, è possibile partire dal porto di Jávea e raggiungere la cima del Montgó, tutto in un giorno, seguendo la via segnata CV 355, con i colori bianco e giallo.

La ruta de senserismo è per escursionisti abituati alla montagna e prevede un dislivello positivo di circa 700 metri con 6 ore e 45 minuti di escursione per raggiungere la vetta.

Insomma, non proprio per tutti. Ma in questo caso, vogliamo svelarvi un percorso meno arduo dove potrete apprezzare comunque sia la natura che la bellezza paesaggistica, ma ammirando il monte Montgó senza doverlo scalare.

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Jávea – Cap de Sant Antoni: Ruta 9

Se si vuole seguire l’itinerario segnato, è possibile iniziare l’escursione dal Porto di Jávea. Qui, alla fine del porticciolo, ha origine un sentiero segnato come Ruta 9.

Il percorso escursionistico, semplice ma pur sempre su sterrato e roccia, costeggia il promontorio del Parco Naturale del Montgó, offrendo delle splendide vedute panoramiche sul Mediterraneo.

Nel primo tratto è visibile la cala Tangó, la prima spiagetta incontaminata da raggiungere con un sentiero alternativo o in barca, in seguito, anche la Platja del Pope, un’altra perla del litorale della Costa Blanca.

Il sentiero si snoda lungo la costa e prosegue attraversando scogliere scoscese e formazioni rocciose lungo l’intero tragitto.

Camminando, il paesaggio naturale è incantevole, circondato dalla tipica vegetazione mediterranea e dalla risacca delle onde che si infrangono sugli scogli.

La Ruta 9 conduce gradualmente a Cap de Sant Antoni, il promontorio che si estende verso il mare dove è ubicato anche il faro del Cap de Sant Antoni. In circa una mezz’ora, si giunge al capo, con un percorso adatto anche a bambini, ma sempre con le dovute attenzioni.

Qui, la maestosità del promontorio, le scogliere a strapiombo e il mare Mediterraneo creano un quadro pittoresco e mozzafiato. Uno scenario tutto da vivere.

Prima di metterse in cammino, si consiglia di indossare abbigliamento comodo e scarpe da trekking, in quanto il terreno a tratti è irregolare e roccioso in alcune sezioni. Acqua, cibo, cappello e crema solare per la protezione dal sole sono fondamentali, anche se il sole è coperto.

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Cova tallada – Torre del Gerro

La cova tallada, in castigliano cueva cortada, è una grotta nata a causa dell’erosione. Situata lungo la costa di Xàbia, è raggiungibile attraverso un sentiero che parte sulla via principale, ossia quella che dal faro si immette sulla strada che collega Jávea e Dénia.

Procedendo in direzione del monte Montgó, facilmente visibile per la sua imponenza sul resto del Parco, prima si raggiunge il Santuari Mare de Deu dels Angels e, in seguito, l’imbocco del sentiero che conduce alla Cova Tallada.

Il primo tratto del sentiero è totalmente in piano. Si cammina prima su della ghiaia/breccia, per poi convergere in un percorso sterrato, ben segnato, caratterizzato da terra di una tonalità di un rosso vivo.

Il sentiero prosegue in piano fino ad un certo punto, dove sorge una piccola struttura in pietra creata da passanti che hanno aggiunto una pietra lungo il cammino. In Italia noti anche come omini, si tratta di una sorta di ziggurat rudimentale in miniatura.

Nella foto sottostante, si vede il principio della discesa che conduce lungo una stretta gola. Questa offre viste panoramiche mozzafiato lungo tutto il percorso. Con una discesa, a tratti più ripida, si raggiunge la grotta, una cavità rocciosa in cui si possono ammirare formazioni secolari e un’acqua cristallina, custodita al suo interno.

Attenzione, la cava tallada, come riportato anche sul sito governativo dei parchi naturali, è una grotta di difficile accesso dove è possibile entrare solo con visite guidate e segnalando in anticipo le intenzioni. Anche se si è abili escursionisti e si volesse arrivare fino in fondo, è da ricordare che il sentiero non conduce né ad una cala né ad una spiaggia.

Il sentiero è un giro ad anello e per chi volesse, può essere completato passando per la Torre del Gerro, per poi risalire sulla via principale per un sentiero alternativo.

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Mirador de Jávea: Molins

Sulla stessa strada che proviene dal faro, la CV 7362, è possibile raggiungere anche uno spettacolare mirador nei pressi degli antichi mulini di Jávea.

L’imbocco del percorso è a circa un quarto d’ora a piedi dal santuario, verso il Montgo che è ben visibile di fronte.

Si percorre una strada asfaltata per alcuni minuti fino a quando si raggiungono i mulini, dove si abbandona il manto stradale per inoltrarsi nella vegetazione attraverso un sentiero battuto.

I Molins di Xàbia appaiono come costruzioni in pietra, torri cilindriche che si ergono dai pendii, in una posizione privilegiata sul villaggio, come su un balcone naturale del promontorio.

Una rete di sentieri parte da qui per condurre gli escursionisti verso gli altri mulini che costeggiano i pendii verdeggianti sopra Jávea. E su queste terrazze dall’alto, è possibile godere di ampie vedute sul borgo di pescatori, sulla spiaggia di Xàbia e sul promontorio sul lato opposto.

Nei giorni più limpidi, soprattutto d’inverno, è anche possibile scorgere la sagoma dell’isola di Ibiza, poco distante dalla Costa Blanca alicantina. La vista è sublime ed è tra le più affascinanti della zona.

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Monte Montgó

L’itinerario completo permette di giungere sulla cima del Monte Montgó, a circa 750 metri s.l.m. e di apprezzare un panorama a 365° sull’intero Parco Naturale di Montgó, sul borgo di Xàbia e anche su Dénia, sul versante Nord-Est.

Il trekking per la cima è più complesso e necessita di preparazione e ore a dispozione. Noi, non avendo tempo, abbiamo ammirato il profilo del monte dalla Plana de San Jeroni, un’area ricreativa sita a pochi passi dall’imbocco del sentiero per la cova tallada.

Il sentiero per il Montgó prosegue pressocché sulla linea del falso piano nelle sue fasi iniziali. Questo cambia quando si sopraggiunge alla base delle pendici, dove inizia la salita.

Il percorso è consigliato solo a escursionisti con familiarità con la montagna e solo con scarpe da trekking. Essendo completamente esposto alle intemperie e agli agenti atmosferici, bisogna praticare questa scalata sul Montgó solo in presenza delle migliori condizioni metereologiche poiché non vi sono punti coperti dove proteggersi o rifugiarsi su tutta la montagna.

Jávea Xàbia

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Ermita de Santa Lucia

Situato sul versante Sud-Est del Montgó, l’Eremo di Santa Lucia è uno dei più antichi della regione. È un luogo di pellegrinaggio e offre una vista panoramica spettacolare sulla costa di Jávea.

Nella zona è presenta anche l’Ermita Cristo del Calvario, eremi che sono stati i nostri punti di partenza. Nel nostro caso, infatti, abbiamo percorso un itinerario iniziale che non segue quello proposto dai sentieri.

L’ermita de Santa Lucia è raggiungibile in circa un quarto d’ora dal centro storico di Xàbia. La via è ben segnalata ed è impossibile sbagliarsi. Sono possibili 2 sentieri, uno è più agevole con tratti asfaltati, ma pur sempre ripido. Il secondo è più escursionistico, ma è ben praticabile.

La scelta di procedere in questo modo è dovuta al fatto di essere giunti a Jávea in autobus, quindi, più vicini all’area della Ciutat Vella, piuttosto che quella portuale.

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Jávea – Xàbia: Ciutat Vella

Adagiato pochi metri sul livello del mare e sotto le pendici del massiccio del Montgó, Jávea e il suo casco antiguo, si sviluppò attorno alla maestosa chiesa di San Bartolomé.

La chiesa, come si può notare, ha una torre e sembra ricordare più un castello che un luogo di culto. Questo perché lo scopo, in effetti, era quello di racchiudere le due caratteristiche sotto un’unica struttura.

La fortezza serviva come difesa contro l’irruzione di pirati e fu eretta durante il periodo gotico, sotto il dominio dei Castiglia, con Isabella I di Castiglia e Ferdinando II di Aragona. Lo stile, infatti, è quello dominante del tempo: il gotico isabellino.

I vicoli e le vie del centro sono immacolate, silenziose e mostrano, ancora oggi, i tratti tradizionali delle abitazioni tipiche locali. Bar, ristorantini e negozi artigianali creano un’atmosfera di allegria in un contesto dove sembra regnare la pace della mente.

Il nostro consiglio? Fatti guidare dal cuore e immergiti in un borgo ancora vergine e ricco di tradizione.

Mappa sentieri Parco Naturale Montgó

Jávea è un villaggio che lascia il segno. Un piccolo borgo incontaminato che stupisce in ogni suo aspetto. Storia, tradizione, natura e sport creano il giusto equilibrio in un vero e proprio paradiso della Comunitat Valenciana.

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Viaggio On the Road nel Selvaggio Outback Australiano

Gennaio 2015, tre giorni di viaggio on the road attraverso le lande desolate del Western Australia meridionale. Alla scoperta del comunemente noto Outback australiano, un luogo ostile che si estende per milioni di ettari su tutta l’area del Continente Rosso.

Autore: Raianaraya Nature Experience

L’Australia è un enorme continente situato tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano. Sin da quando il famoso esploratore James Cook raggiunse le coste del New South Wales, questa terra diventò meta di viaggiatori, vagabondi e curiosi, oltre ad essere colonia penitenziaria inglese. I primi sbarchi resero immediatamente chiaro quanto difficile potesse essere sopravvivere in quella sconfinata landa desolata. La perlustrazione era complessa e di addentrarsi nel deserto non se ne parlava neanche; come poter affrontare una traversata in un luogo tanto arido e secco senza conoscerne assolutamente niente?

Tutto sommato, nei primi anni dopo la scoperta dell’Australia nel 1770 d.C., i nuovi coloni evitarono di allontanarsi troppo dall’acqua per non rischiare inutilmente in imprese azzardate. Dal secolo successivo, però, dovuto anche al rinvenimento di giacimenti d’oro nell’entroterra, si cominciò ad ipotizzare l’utilizzo di animali alquanto resistenti e adatti alle traversate. Quali esseri viventi potevano assolvere tale compito meglio dei cammelli e dei dromedari? Probabilmente nessun altro sul pianeta. Fu così che si iniziarono a importare migliaia e migliaia di cammelli e dromedari dall’Afghanistan, dall’India e dalla penisola arabica. Ad oggi, si conta una popolazione di queste specie superiore al 1.000.000 su tutto il territorio nazionale.

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Outback Australiano

Nonostante il clima ostico e le temperature tra le più calde al mondo, l’Outback australiano offre degli scenari suggestivi e ospita una fauna locale assolutamente unica. Ad esempio, alcune specie autoctone sono quelle che appartengono ai canguri, ne sono diverse e di vario genere come i wallaby, wallaroo, il canguro rosso e il canguro grigio occidentale. Ma in questi remoti antri vivono anche altre specie animali come i quokka, le aquile australiane, gli struzzi, i dingo, ossia una sorta di cani selvatici, i varani e i già menzionati cammelli.

Per circa l’80% dell’intero territorio australiano, l’outback è la sola realtà che si estende per circa un milione di chilometri quadrati. Vegetazione quasi assente si alterna a porzioni di roccia e deserto dal tipico colorito rossastro, una colorazione che ha origine dalla forte presenza di ferro nel suolo. La natura ha scolpito e modificato questo luogo arcaico, lasciando ad un occhio attento la possibilità di apprezzare dei paesaggi suggestivi e del tutto singolari. Proprio per questa ragione, una volta in Australia, era indispensabile osservare con i propri occhi questa meraviglia naturale.

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Esperance, Western Australia

Dopo aver lasciato Albany, in compagnia di due grandi esploratori come me, avevamo raggiunto la città costiera di Esperance. Nessuno aveva mai sentito il suo nome prima di allora, eppure, una volta entrati nel paese, questo luogo ci parve essere sempre più un paradiso terrestre. Il bianco candido della spiaggia e l’acqua celeste dell’oceano si fondevano dando vita ad uno scenario da sogno. Inoltre, a bordo della nostra magnifica Holden Commodore del 96’, raggiungemmo una terrazza panoramica attrezzata con vista mare.

Uno di quei servizi che ho amato da subito in Australia sono i BBQ elettrici disposti in aree attrezzate dove si può facilmente cucinare per poi pulire e permettere a chi vorrà vivere la stessa esperienza di trovare il barbecue in condizioni da poter essere utilizzato ancora. Quel giorno, riforniti di salsicce e altra carne comprata al Coles, pranzammo in questo gazebo mentre un delfino, ad intermittenza, si divertiva a sondare una precisa area del mare. Un pranzo inconsueto in una città sconosciuta senza che fosse neanche previsto sulla nostra tabella di marcia.

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Che la Traversata abbia Inizio

Allietati dal piacevole pranzo con vista mare e a costo zero, mi misi alla guida della nostra comodissima station wagon. Eravamo così entusiasti per l’avventura che ci aspettava che non stavamo più nella pelle. Percorrevamo l’infinita lingua d’asfalto nell’outback desertico carichi di gioia e per la prima volta stavamo entrando in una zona in assenza di linea. Da quel momento in poi, per circa tre giorni, non avremmo più avuto copertura telefonica.

Macinammo circa 500 chilometri, superando diversi minuscoli paesini come Norseman, Fraser Range e Balladonia. In alcuni casi, il nome del luogo che compariva sulle mappe risultava essere un semplice distributore di benzina con una baracca in legno malandata e, nei casi migliori, un motel alle spalle. Cercammo un posto dove accamparci per la notte e infine trovammo una piazzola in sterrato dove sostava soltanto un altro van. Aspettammo che calasse il sole, ammirammo le luci del tramonto accendere la terra rossa e creare un’ illusione ottica, come se tutto d’improvviso s’infuocasse e poi, in un istante, la notte portasse ogni luce nelle tenebre.

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Eucla National Park, Western Australia and South Australia border

Il giorno seguente ci svegliammo presto. Sul nostro fornellino a propano riscaldammo alcuni cornetti vuoti e li farcimmo con la nutella, ebbene sì, anche nel continente australiano non hanno potuto farne a meno. Circondati da qualche eucalipto e con i primi raggi che affioravano all’orizzonte, ci godevamo una tranquilla e silenziosa colazione nel bel mezzo dell’outback australiano, approfittando della temperatura ancora mite. Una spazzolata ai denti, una controllatina alla mappa e via di nuovo per la nostra strada.

In appena trecento chilometri circa, dopo aver attraversato in poco più di ventiquattro ore qualcosa come mille chilometri, raggiungemmo un luogo che nessuno di noi tre avrebbe mai più dimenticato: Eucla, il confine tra il Western Australia e il South Australia. Nei pressi di questo parco nazionale ci sono diversi look out, ossia punti panoramici da cui poter scorgere l’orizzonte che si perde a vista d’occhio. Ad Eucla, dopo chilometri e chilometri di asfalto e deserto, ci imbattemmo in alcuni dei paesaggi più belli che avessimo mai visto in vita nostra. Muraglioni di scogliere a strapiombo sul Mare del Sud, sconfinate spiagge e dune di un bianco candido quasi irreale e scenari così immensi da sconvolgere la vista di chiunque. Eravamo smarriti, ma totalmente felici di esserlo. Adesso non volevamo altro che tutto ciò continuasse ad accadere e che non finisse mai.

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Un Incubo che si materializza: Fermi nel deserto!

Dopo aver assistito ad uno degli spettacoli più affascinanti della natura e aver consumato un veloce pranzo con dei tramezzini home made, rimboccammo la high way in direzione di Adelaide. Viaggiammo per l’intero pomeriggio fino alle prime luci del tramonto, quando d’improvviso un tonfo accompagnato da un forte sussulto e da un lungo stridio metallico ruppe l’atmosfera di pace. L’incubo che diventa realtà, le paure più profonde che si concretizzano in un battito di ciglia: una foratura dello pneumatico nel bel mezzo del nulla e qualche istante prima che cadessero le tenebre.

Svuotammo l’intero cofano posteriore dell’auto, backpack, chitarra, fornellino, termos, acqua, cibo, materasso e borse varie per recuperare la preziosissima ruota di scorta. Iniziammo a sbullonare quel che era rimasto della ruota andata e una volta fatto ciò, non restava che inserire il nuovo pneumatico e tutto avrebbe preso la piega giusta. Il mio amico cercò di agganciare lo pneumatico di scorta al blocco di supporto, ma niente, tutto inutile, non entrava in nessun modo. Incominciammo a darci il cambio per colpire la ruota affinché in qualche maniera riuscisse a aderire al supporto, ma era complicato. I fori della ruota di scorta erano di misura diversa e non c’era quindi alcun modo per poterla far entrare. La serata stava per prendere la peggior piega possibile: da soli, di notte, senza copertura telefonica e con una gomma esplosa.

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Non tutto è perduto: l’arrivo a Ceduna

Ci demmo il cambio più e più volte, mentre, il sole ormai era calato all’orizzonte cedendo il posto a quel pallido chiarore della luna che a stento illuminava la nostra auto e l’outback attorno a noi. Avevamo quasi perso le speranze quando un calcio ben mirato del mio amico finalmente fece entrare la ruota in tre punti. Tutti e tre ci guardammo e con uno sguardo d’intesa avemmo la stessa reazione: correre ad avvitare lo pneumatico anche se storto. Completammo il lavoro e decidemmo di cominciare a muoverci ad una velocità minima, cercando di comprendere se così la ruota tenesse. Ogni dieci minuti fermavamo l’auto e controllavamo se i bulloni fossero ancora fissi.

Le prime due, tre volte alcuni bulloni si allentarono di molto, successivamente, per qualche misteriosa ragione e per volere di qualche magnanima divinità celeste, i bulloni si fissarono e riuscimmo, procedendo ad una velocità media di 40 km/h, a raggiungere un distributore di benzina e fermarci per la notte. Al mattino seguente, fummo svegliati da una decina di corvi, tra cui uno piuttosto burbero che cominciò anche a picchiettare sul tettuccio dell’auto. Per il mio amico era un brutto segno, invece, contro ogni previsione, in mattinata riuscimmo ad arrivare al primo paese con forme di vita umane dove con molta difficoltà spiegammo che la nostra station wagon fosse la nostra casa in quel periodo e che avremmo avuto bisogno di una riparazione al più presto.

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Missione Compiuta, il viaggio nel selvaggio Outback è salvo

Un muretto in pietra, sabbia e sterrato sotto i nostri piedi, uno dei compagni d’avventura, preso da un momento di malinconia, strimpellava qualche nota sulla sua chitarra, mentre sullo sfondo, il nulla cosmico si perdeva a vista d’occhio. Dopo qualche ora, la nostra auto ci fu riconsegnata pronta e pulita. Finalmente, eravamo riusciti ad ottenere una vittoria importante sull’outback australiano. L’incubo era stato allontanato e così potevamo riprendere il nostro viaggio oltrepassando la zona più wild di quella nostra traversata. Procedemmo ancora per giorni, ma questa è un’altra storia.

Le avventure in Australia non finiscono qui, ma nel frattempo, altri istanti nel continente rosso sono già nel nostro Blog.
Raianaraya Nature Experience

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Irpinia, il Cuore della Campania

L’Irpinia è una florida terra adagiata tra le vallate centrali della regione Campania. Un luogo dove natura, storia e tradizioni locali creano un’atmosfera singolare che solo chi vi è stato può comprendere appieno

Autore: Raianaraya Nature Experience

Nell’area territoriale adagiata tra le dolci colline e i modesti rilievi appenninici della Campania, sorge l’Irpinia; una terra che conserva ancora oggi quei tratti storico-culturali che nei secoli ne hanno caratterizzato la sua evoluzione. Compresa prevalentemente tra le verdeggianti vallate della provincia di Avellino, l’antica terra degli Irpini confluisce a sud con la splendida Salerno e con i confini della Basilicata.

Sul versante orientale, la città medievale di Ariano Irpino indica gli ultimi chilometri prima di addentrarsi nella regione costiera della Puglia, mentre, il fiume calore, originatosi dai Monti Picentini, scorre placido e conduce attraverso le naturali conformazioni geologiche alla vicina città delle streghe, Benevento. Infine, ad occidente, si estende la cosmopolita e caotica Napoli.

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Gli Hirpini e il Lupo

Le origini dell’Irpinia tutt’oggi non sono del tutto chiare. Ciò è dovuto alla mancanza di fonti storiche che ne testimonino il suo corso in modo lineare. Tuttavia, grazie alla riscoperta di alcuni reperti di epoca romana, si è giunti alla conclusione che questa popolazione avesse pieno controllo del territorio già prima delle guerre sannitiche, IV-III secolo a.C.

Infatti, le gesta degli irpini sono decantate già ai tempi delle guerre espansionistiche di una Roma allora repubblicana. Stanziati pressappoco nell’odierna Campania tra le valli dell’Ofanto, del Sabato e dell’Ufita, questa stirpe di gente appartenente ai Sanniti parlava l’osco, una lingua condivisa da buona parte dei popoli italici meridionali nei secoli antecedenti all’impero romano.

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Curiosa è l’etimologia del nome con cui questo popolo decise di farsi chiamare: Hirpini. Parola che deriva da Hirpus, ovvero lupo in osco. Si narra che la gente irpina fosse di indole rozza e belligerante e che per queste ragioni si identificasse orgogliosamente con la figura di Marte, Dio della guerra, della forza e della virtù umana.

Gli Irpini, inoltre, mostravano un considerevole rispetto per un animale selvaggio locale. Una bestia che ancora oggi rappresenta la forza, il coraggio e lo spirito di resistenza: il lupo. Presumibilmente, dovuto forse anche alle sue caratteristiche mitiche, la tenace e vigorosa figura del lupo venne accostata alla divinità Marte. Difatti, divenne simbolo della stirpe irpina contraddistinguendola a lungo.

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Tramonto dalla cittadina di Mirabella Eclano (AV), Campania

Mito e leggende: dalla Janara ai Lupenari

Quando si è piccoli, i nostri nonni fanno sfoggio di tutti quei racconti e di quelle credenze locali che lasciano chiunque le ascolti sempre alquanto affascinati. In fondo, in ogni cultura del pianeta compaiono leggende o miti, narrazioni misteriose e talvolta occulte che trattano di elfi, divinità, demoni o qualsivoglia entità magica. In effetti, qualsiasi popolo è come se attingesse le proprie tradizioni da creature ed eventi sovrannaturali.

Allo stesso modo, anche l’Irpinia appare impregnata di misticismo e scenari fiabeschi. Tra le figure più rinomate, una posizione di rilievo è assegnata ai mitici lupenari, uomini che, nati durante la notte di Natale, hanno osato sfidare Cristo e per questo sono condannati ad un’esistenza da dannati. Infatti, ad ogni luna piena, i poveri malcapitati si trasformano in licantropi e vagano tutta la notte per i boschi e le campagne del posto.

Lupi mannari, Irpinia, Campania

Nell’area centrale della Campania è spesso menzionato anche il magico e maligno scazzamauriello. Si narra che questo elfo fatato sia di piccole dimensioni e sia vestito in abiti scuri e cupi. Nel cuore dell’Irpinia, l’entità oscura si presenta sotto forma di un omuncolo peloso e pare si diverta a disturbare il sonno delle persone sedendosi sulla loro pancia durante la notte.

Infine, un’emblema del beneventano, ma che si è esteso anche nelle vicine terre irpine è la Janara. Una strega malvagia, abile negli incantesimi e profonda conoscitrice delle erbe naturali, che la notte vaga per tormentare i sogni degli sventurati. In origine, la janara di Benevento soleva incontrarsi con altre fattucchiere sotto di un noce dove, insieme, compievano riti e veneravano il demonio. Queste sono soltanto alcune delle decine di leggende che circolano da tempo immemore in queste antiche località irpine.

Janara, Irpinia, Campania

Monti Picentini e Monti del Partenio

Parte delle catene montuose appenniniche situate in Campania convergono nel rigoglioso territorio irpino dando vita a scenari montuosi alquanto suggestivi e offrendo splendidi panorami sulle sconfinate vallate sottostanti. I due massicci principali sono quelli dei Monti Picentini e dei Monti del Partenio. I primi raggiungono le altitudini più importanti, tra i quali, il Monte Cervialto, il Terminio e il Polveracchio che dominano sull’intera area circostante con i loro corrispettivi 1.809, 1.806 e 1.790 metri s.l.m.

Sul monte Cervialto si organizzano escursioni, in genere, partendo dall’altopiano di Laceno, nel comune di Bagnoli Irpino, che prende il nome dall’omonimo lago. Quest’ultimo è meta turistica soprattutto durante le festività, infatti, non solo in alcuni periodi invernali è possibile sciare, ma molti campani, in particolare del napoletano, approfittano della pace e della tranquillità della montagna per evadere dal caos e dallo stress quotidiano.

Lago Laceno, Bagnoli Irpino, Irpinia, Campania
Lago Laceno, Bagnoli Irpino

La località dei Monti Picentini è molto rinomata per quello che viene considerato come l’oro nero della gastronomia: Il tartufo nero. Ogni anno, infatti, è possibile degustare molte varietà di piatti tradizionali a base del pregiato fungo alla festa del tartufo di Bagnoli Irpino. Mentre, nella vicina Montella, si trova un parco attrezzato naturalistico, il Bioparco Fattoria Rosabella, in cui è presente una cascata e un sentierino lungo il fiume che vi ci conduce. Un luogo rasserenante dove si può trascorrere una giornata nella natura incontaminata e degustando prodotti tipici locali.

Infine, i Monti del Partenio sono rilievi con una quota relativamente inferiore a quelli Picentini. Noti in particolare per la grande produzione di nocciole a livello nazionale, questi monti si presentano con una conformazione più compatta e omogenea. Tra le montagne della catena montuosa, quella più celebre è Montevergine, nel comune di Mercogliano, per via dell’omonimo Santuario Abbazia.

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Veduta da Montevergine, Mercogliano, Avellino

I borghi incontaminati dell’Irpinia

In questo magico angolo d’Italia, sparpagliati in modo eterogeneo, sorgono antichi e remoti borghi medievali. In alcuni casi, evidenti sono le tracce del passato locale che talvolta sono riconducibili al paleolitico e al neolitico. I siti archeologici di maggiore rilievo sono sicuramente gli scavi di Abellinum ad Avellino e gli scavi di Aeclanum nella città di Mirabella Eclano. Entrambe le località sono di epoca romana ed erano dei centri nevralgici lungo la via Appia, unico vero collegamento per la vecchia Apulia, ossia l’odierna Puglia. Reperti romani sono stati rinvenuti anche nella panoramica Frigento, una piccola cittadina a quota 911 metri s.l.m. che veniva utilizzata dai romani per immagazzinare e conservare le scorte di cibo destinate a rifornire l’Irpinia e buona parte della Campania.

Una caratteristica che accomuna molti dei borghi irpini è sicuramente la loro elevata posizione. Infatti, buona parte di questi paesini è ubicata su rilievi che talvolta oltrepassano anche i mille metri di altitudine. La località con la quota più importante d’Irpinia è Trevico, un piccolo centro abitato a sud est della suddetta area geografica in cui è ancora possibile rivivere quel silenzio senza tempo immerso nella natura selvaggia circostante. Molto suggestivi sono anche Monteverde, classificato come uno dei borghi medievali più belli d’Italia e Nusco, definito il balcone d’Irpinia per la sua ampia veduta sulle verdeggianti distese limitrofe.

Rocca San Felice, Irpinia, Campania
Panorama Rocca San Felice, Irpinia

La medievale Rocca San Felice, immersa nella natura, domina sulle vallate dell’alta Irpinia e si impregna di mito con la Valle d’Ansanto, anche nota come Mefite. Quest’ultima era considerata dagli Irpini un luogo sacro dove poter venerare la Dea Mefite, divinità a cui chiedevano ricchezza e protezione. Altri borghi in alta quota sono Zungoli, Bisaccia, Calitri, Guardia dei Lombardi, la Gesualdo del rinomato madrigalista e Lioni.

Oltre ad essere immersi nella natura, alcuni paesini di quest’area della Campania offrono anche vere prelibatezze a livello internazionale. Taurasi, ad esempio, con l’omonimo vino DOCG possiede alcuni dei vigneti più invidiati al mondo. Ad Avellino è possibile degustare alcuni dei vini bianchi pregiati d’Italia, tra cui il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo.

Vigneti Irpinia, Avellino, Campania

L’Irpinia è una terra legata fortemente alle sue tradizioni ed è plasmata da una storia ancora tangibile che non smette mai di stupire. I borghi e le località da scoprire sono molti e sarebbe stato impossibile riuscire a citarli tutti. In questo articolo ho voluto semplicemente raccontare di un luogo a me molto caro poiché è lì che sono nato ed è lì che risiedono le mie radici.

Venite a sognare con noi immergendovi nei borghi abbandonati inghiottiti dalla natura selvaggia tra l’Abruzzo e le Marche.
Raianaraya Nature Experience

Parchi naturali da esplorare in van nella stagione invernale

Quando pensiamo ai viaggi in van, difficilmente ci viene in mente di tentare un’avventura invernale. Il freddo spaventa certo, e se non si è ben attrezzati si rischia di fare un buco nell’acqua. Ma l’Europa è un luogo incredibilmente affascinante sotto il manto candido della neve e vale la pena prendersi una o due settimane per scoprirla anche da questo punto di vista.

Dato che probabilmente non sei abituato a viaggiare on the road con queste temperature, potrebbe essere utile leggere prima una guida per viaggi invernali in van. Sapevi ad esempio che il van va protetto dal freddo anche al suo interno? Bene, una volta che avrai scoperto tutti i trucchi da attuare in questa stagione, non ti resta che fare il pieno e partire verso i parchi naturali più belli d’Europa.

Parco Nazionale di Abisko, Svezia

parchi naturali in inverno

Il primo parco nazionale di cui vogliamo parlarti è quello di Abisko, nelle zone più remote e incontaminate della Svezia. Diversamente dalle classiche vacanze in albergo, visitare questi paesaggi innevati con un van permette di sentirsi davvero parte della natura circostante. Avrai i tuoi ritmi da seguire e potrai scegliere in qualsiasi momento di interrompere o prolungare il tuo viaggio.

Le montagne di Abisko

L’itinerario che ti consigliamo di seguire parte all’ombra delle maestose montagne di Abisko. Il primo obiettivo è l’Aurora Sky Station, accessibile tramite una seggiovia che sale lungo le pendici del monte Nuolja.

Quale modo migliore di iniziare questa esperienza se non cercare di osservare le aurore boreali? Qui il cielo notturno è limpido, privo di qualsiasi fonte di inquinamento luminoso. Non illuderti però, potresti non riuscire a vederle già dal primo giorno. Il nostro consiglio è di trascorrere le giornate esplorando i sentieri innevati intorno alla stazione e le sere, avvolto da un caldo cappotto, fermarti ad attendere l’apparizione dell’aurora.

Speriamo che tu possa avere fortuna, è uno spettacolo che lascia davvero senza parole.

Traversata del Kungsleden

Mentre guidi verso la prossima tappa che abbiamo pensato per te, ti consigliamo di fare una sosta di uno o due giorni in un punto panoramico incredibilmente affascinante. Parliamo della vista sul Lago Torneträsk: uno dei laghi più grandi della Svezia, che offre vedute spettacolari specialmente quando è ricoperto di ghiaccio in inverno.

Ora, se sei abbastanza coraggioso, ti aspetta il Kungsleden: è una delle più celebri escursioni scandinave, estendendosi per circa 440 km attraverso la Lapponia svedese, dal villaggio di Abisko a nord fino a Hemavan a sud. Il trekking è suddiviso in 5 sezioni, ognuna lunga circa 100 km e percorribile in 3-7 giorni. Ovviamente, puoi scegliere una o due tappe invece che fare la traversata completa.

In ogni caso, si tratta di un’esperienza incredibile: passeggerai su ponti sospesi e ti troverai di fronte a paesaggi innevati indescrivibili. Con le ciaspole ai piedi, potrai percorrere il sentiero, immergendoti nella quiete della natura e magari, se hai fortuna, avvistare qualche renna curiosa che fa capolino da un bosco di abeti ghiacciati.

Esplorazione di Kiruna

Riprendi ora in mano il volante del tuo van e goditi il viaggio fino a Kiruna. Qui potrai visitare la chiesa di legno, un capolavoro architettonico locale, e passeggiare per le strade del centro, dove potrai acquistare qualche regalo per i parenti da una bottega artigiana o gustare piatti tipici lapponi.

Ci spostiamo ora verso un’altra destinazione molto amata dai viaggiatori in van: la Croazia.

Parco Nazionale di Plitvice, Croazia

parco nazionale croazia in van

Torniamo verso temperature meno rigide e paesaggi più noti (ma non per questo meno affascinanti!). La Croazia è un luogo noto per i suoi paesaggi di mare, ma non tutti conoscono la sua magia invernale, quando le montagne si colorano di bianco e i laghi mostrano i loro colori più accesi.

Il viaggio inizia con l’arrivo al Parco Nazionale di Plitvice: il paesaggio è tranquillo, quasi mistico, con le prime luci che filtrano attraverso gli alberi innevati. Dopo aver parcheggiato il van in prossimità dell’ingresso, si prepara un caldo caffè sul piccolo fornello a gas. È il momento di assaporare la quiete prima di esplorare.

Trekking ai Laghi Superiori

Il primo giorno è dedicato all’esplorazione dei Laghi Superiori. Il percorso inizia con un breve tragitto in trenino fino alla sommità del parco. Il sentiero serpeggia tra alberi innevati e laghi ghiacciati, un paesaggio che sembra uscito da una cartolina. La camminata è piacevolmente impegnativa, con pause frequenti per ammirare la natura.

Riprendi quindi il viaggio e guida lungo la strada di Poljanak, che offre scorci davvero suggestivi del parco. Destinazione: Laghi Inferiori.

I Laghi Inferiori

Il trekking qui è più accessibile, ma non meno affascinante. Il sentiero conduce a Veliki Slap, la più grande cascata del parco, ora un maestoso spettacolo di ghiaccio e neve. Potrai qui risalire la scalinata di fronte alla cascata per godere di una vista panoramica dei laghi.

Prima di lasciare il parco, ti consigliamo di fare una sosta a Oštarije, un altro punto panoramico che offre viste panoramiche sui monti Velebit. È il luogo perfetto per salutare questo incredibile viaggio, fissando nell’anima e nella memoria la bellezza di Plitvice.

Parco Nazionale di Oulanka, Finlandia

parchi naturali da esplorare in van in inverno

Il terzo e ultimo parco naturale di cui vogliamo parlarti oggi è il Parco Nazionale di Oulanka, in Finlandia. L’aria frizzante e la quiete della natura innevata ti accompagneranno durante tutto il viaggio in van, insieme alla consapevolezza di essere in un luogo dove solo pochi osano avventurarsi on the road.

Il Sentiero Karhunkierros

Una volta giunto nei pressi del parco, dirigiti verso l’inizio del famoso sentiero Karhunkierros. Questo percorso di 80 km ti porterà attraverso foreste silenziose ricoperte di neve e rapide ghiacciate che brillano sotto il cielo invernale. Il sentiero, ben segnalato si snoda attraverso queste meraviglie della natura, offrendoti una connessione intima con l’ambiente circostante.

Ovviamente, puoi decidere di fare solo una parte del percorso, tornando al tuo van per la notte, dove dormirai circondato dal silenzio pacifico della natura invernale, sotto un cielo stellato tra i più belli in Europa.

Mentre ti dirigi verso la prossima tappa, fai una piccola deviazione verso l’Oulanka Canyon, una gola spettacolare che offre viste eccellenti dalle scogliere, specialmente nella luce del mattino

Kiutaköngäs e il Sentiero ad Anello

La mattina presto, con il freddo che pizzica la pelle, avventurarsi nei pressi delle cascate di Kiutaköngäs, permetterà di cogliere una possibilità unica. Questo luogo è infatti l’habitat ideale per diverse specie di uccelli della foresta boreale, come il Ballerino Giallo e il Merlo Acquaiolo.

Partendo dal Visitor Center poco distante, ti consigliamo un percorso ad anello di circa 3 km che attraversa una foresta che sembra uscita da una fiaba. Questo sentiero è un perfetto equilibrio tra avventura e contemplazione, offrendoti viste incantevoli e momenti di tranquillità.

Oulanka Canyon e Ristikallio Rocks

Se le condizioni invernali lo permettono, spostati ora verso i Ristikallio Rocks. Gole maestose e pareti rocciose che si ergono imponenti: il luogo ideale dove fare qualche trekking prima di ripartire.

Europa invernale in van: il contatto con la natura

Qualunque sia la tua destinazione per questo inverno, ricorda di assaporare ogni momento. Il van è il mezzo ideale per ritrovare quel contatto lento e veritiero con la natura. Fai passeggiate tranquille, assaporando momenti di pace e cogli ogni momento per riscoprire la maestosità della natura invernale.

Praia de Zambujeira do Mar – Praia do Almograve: Rota vicentina

Praia de Zambujeira do Mar è una splendida spiaggia sulla costa vicentina ed è anche il punto di partenza per proseguire sulla Rota Vicentina verso la seguente meta: Praia do Almograve, nel comune di Odemira.

Il Trilho dos pescadores, meglio noto come cammino dei pescatori, per noi è iniziato da Sagres, nell’Algarve portoghese:

Ebbene sì, controcorrente, o almeno, in direzione opposta rispetto alla maggior parte dei viandanti che, al contrario, preferiscono procedere da Nord verso Sud. Ecco come affrontare questa tappa del cammino da Praia de Zambujeira do Mar alla Praia do Almograve.

INDICE:

  1. Praia do Zambujeira do Mar – Praia do Almograve
    1. Indicazioni percorso
    2. Informazioni tecniche sul percorso
    3. Altimetria e sentiero
  2. Zambujeira do Mar > Praia do Almograve: mappa
  3. Praia de Zambujeira do Mar: partenza
  4. Farol de Cabo Sardão
  5. Praia do Cavaleiro e le insenature sul tragito
  6. Il bosco di pini
  7. Verso Almograve
  8. Praia do Almograve: primo bagno nell’Oceano Atlantico

Praia do Zambujeira do Mar – Praia do Almograve

Indicazioni percorso

Il tratto di cammino che va da Zambujeira do Mar a Praia do Almograve è tra i più lunghi di tutta la Rota Vicentina. Ad ogni modo, è da considerare che si tratta di una delle tappe con meno presenza di sabbia, o quasi, il che permette di procedere ad un passo più agevole e spedito.

La prima parte della tappa è su strada asfaltata. Si può provare a fare autostop, ma almeno per quanto ci riguarda, i locali non sono sembrati tanto in vena. Pertanto, le soluzioni rimangono due: prendere un taxi e accorciare di circa 4-5 chilometri il tragitto di giornata, oppure procedere a piedi (solo circa 3 chilometri sono su strada, poi il percorso devia sull’oceano).

Informazioni tecniche sul percorso

praia de Zambujeira do Mar - Almograve, tappa rota vicentina, Portogallo (dettagli tecnici percorso)

L’itinerario è di una difficoltà media. Rispetto alla tappa da Odeceixe a Zambujeira do Mar presenta meno dislivello e pochissimi sentieri su sabbia. Si cammina prevalentemente su sterrato, asfalto e roccia verso Almograve. Il tempo indicato è superiore a quello normale, poiché sulla mappa è stato segnato il tragitto che abbiamo percorso in taxi di circa 3 chilometri fino al farol de Cabo Sardão.

Altimetria e sentiero

Zambujeira do Mar > Praia do Almograve: mappa

mappa zambujeira do mar praia do almograve
Mappa 7ª tappa Almograve – Zambujeira do Mar

Praia de Zambujeira do Mar: partenza

Il primo passo di giornata lo muoviamo non proprio presto. Il motivo? Appurare che il trasferimento bagagli avvenisse come descritto. Se anche per voi fosse un dubbio, tranquilli, le borse, sebbene a volte un po’ in ritardo (tardo pomeriggio), arrivano sempre il giorno indicato.

È domenica mattina. Il sole scalda il nostro cuore e il nostro animo. Prendiamo qualcosa da mangiare al camping Villa Park Zambujeira, dove avevamo campeggiato in tenda, e partiamo per questa nuova e meravigliosa esperienza sulla costa vicentina.

Nella precedente tappa avevamo lasciato indietro l’Algarve, addentrandoci nella regione dell’Alentejo. Gli scenari sono simili in bellezza e fascino. Meno attrattivi sono i fari, che a nostro parere, per quanto possano essere collocati su scogliere mozzafiato, hanno ben poco di attrattivo.

L’arte qui si cela piuttosto nella natura incontaminata, nei silenziosi sali-scendi, nei tratti di costa a strapiombo sull’Atlantico, tra i fiori rossi, gialli e blu, nei boschi incantati del promontorio. È la magia del Portogallo. È la costa vicentina.

Tappa cammino dei pescatori, Rota Vicentina da Zambujeira do mar

Farol de Cabo Sardão

La prima parte del cammino, in questa tappa, è leggermente discostata dalla costa, lasciando percorrere ai viaggiatori l’unica via che collega direttamente Zambujeira do Mar prima a Valas e poi, sulla 1124 al Farol de Cabo Sardão.

Ma sono solo i primi 2 chilometri circa ad essere su asfalto, sempre ben segnati con i tipici segni color azzurro e verde. Dopo questa parentesi, si lascia la CM1154 per raggiungere nuovamente la costa.

Seguendo la strada, la costa sembra avvicinarsi sempre più fino a condurre nuovamente ai caratteristici strapiombi della Rota Vicentina. In linea di massima, il Faro di Cabo Sardão è a circa 2 ore e mezza di cammino dal centro di Zambujeira do Mar.

La tappa prende davvero il via dal momento che si raggiunge il faro. Nel primo tratto vi è una sorta di stasi e poco realmente da vedere. Dal momento che ci si avvicina al Farol de Cabo Sardão, tutto inizia a prendere forma, proprio come ci si aspetterebbe.

Farol de Cabo Sardao - Almograve

Praia do Cavaleiro e le insenature sul tragito

Superato il Cabo Sardão, situato nel villaggio di Cavaleiro, Odemira, si prosegue per tutto il resto del percorso sulla costa, tra roccia, boschi e sentieri dall’alto. Tra un’insenatura e l’altra, si attraversano cale nascoste, talvolta inaccessibili, perfino in barca.

La prima cala che si incontra, dopo aver superato il Farol de Cabo Sardão, è la Praia Cavaleiro. Come la maggior parte delle insenature, questa offre uno spazio incontaminato tra le scoscese rocce del promontorio.

Un’acqua turchese cristallina bagna scogli di un nero profondo, intenso, della tonalità del basalto. Luce e ombra si incontrano ai piedi della scogliera. D’altronde, l’arte è esistita da sempre: è ovunque, l’uomo ha imparato ad esprimersi attraverso essa, ma è pur sempre nulla in confronto alla maestosità e alla saggezza dell’etereo.

Bianche sponde risplendono al sole ora a picco. Finissima sabbia candida sfuma al contatto con la spuma del mare. Una melodia continua percuote le immemori rocce, un canto infinito riecheggia nell’aria.

Il quadro è completo, un’altra pennellata accenna una nuova onda. Una cicogna attraversa il cielo azzurro e lascia la linea dell’orizzonte per posarsi su un pinnacolo roccioso.

Costa Vicentina Alentejo Portogallo

Il bosco di pini

Avanzando sul tratto costiero atlantico, la via Vicentina, e non per la prima volta da quando iniziato il cammino, spalanca le porte ad una pinetina. Svettanti verso il cielo, gli alberi donano un’ombra più che apprezzata. Ogni passo al suo interno è accompagnato dal frenetico cinguettio dei passeri, dalla risacca dell’Oceano e dal suono sordo lasciato dalle scarpe sul sentiero.

Per alcuni momenti, godiamo della protezione delle chiome e avanziamo adagio, verso la meta, la Praia do Almograve. L’intermezzo boscoso offre non solo riparo dal sole, ma celebra il nostro passaggio con profumi e cambi di paesaggio.

Lo scenario è ballerino prima di ritornare su sabbia e roccia. La luce filtra tra le fronde fogliose. Rivoli lucenti penetrano il bosco e illuminano la terra, qualche tronco e delle rocce. Stiamo quasi per uscire dal verde, il blu dell’Oceano colpisce il nostro sguardo. È ora di lasciare indietro il bosco, la destinazione non è poi così lontana.

pineta costa vicentina

Verso Almograve

Le ultime due ore di cammino scorrono veloci, tra una cala e l’altra, di baia in baia. Il sentiero si snoda tra le curve morfologiche e serpeggia, ben visibile, su roccia, terra battuta, sabbia e breccia nell’ultimo tratto.

La seconda parte di questa tappa permette anche di camminare a lungo sulla roccia viva della scogliera che, avanzando, cala fino a scomparire nel vasto Oceano Atlantico. Contrariamente alle cale nelle insenature, in questo caso non vi è una muraglia eretta a circondare la spiaggia. A dir il vero, nemmeno vi è una spiaggia: roccia e acqua sono in equilibrio.

Prima di percorrere questo affascinante tratto costiero, attraversiamo 4 o 5 cale appena accennate. Mezze lune adagiate in una quiete soprannaturale. Lo sguardo si posa, in più di un’occasione, sul luccichio dell’Atlantico.

Lo spettacolo della natura continua spedito a mostrare opere inestimabili. Il mistero della vita chissà che non sia nascosto qui, tra le silenziose scogliere dell’Alentejo in Portogallo.

praia de zambujeira do mar praia do almograve

Praia do Almograve: primo bagno nell’Oceano Atlantico

Dalla Praia de Zambujeira do Mar a Praia do Almograve sono passate circa 5 ore. Durante il tragitto abbiamo attraversato diversi paesaggi mozzafiato, dalla maestosità delle scogliere alle distese di sabbia dorata che si estendono fino all’orizzonte.

L’ultimo chilometro su strada brecciata ci ha condotto direttamente alla tanto ambita Praia do Almograve. Al nostro arrivo, siamo stati accolti dal suono delle onde che si infrangevano sulla riva e da un’atmosfera di assoluta tranquillità.

praia do almograve oceano atlantico alentejo portogallo

La Praia do Almograve è un vero paradiso per gli amanti della natura e del mare. Le scogliere circostanti offrono una vista panoramica spettacolare dell’oceano Atlantico, mentre le dune di sabbia svelano una ricca varietà di flora e fauna.

È anche il luogo ideale per praticare diverse attività all’aria aperta come il surf, il windsurf e persino passeggiate a cavallo lungo la costa.

Ma non è tutto: è proprio qui, sulla spiaggia di Almograve, che finalmente riusciamo ad entrare nell’Oceano. Dopo diversi tentativi, alla fine di questa tappa, nuotiamo in un’acqua gelida, trasparente, unica. Il primo bagno nell’Atlantico, dopo il Pacifico e l’Indiano.

Trekking sul monte Zugspitze: fuga di 1 giorno da Monaco di Baviera

Il monte Zugspitze, situato al confine tra Germania e Austria, è la vetta più alta della Germania e rappresenta una meta ideale per gli appassionati di trekking. Con i suoi 2962 metri di altitudine, offre percorsi di varie difficoltà, rendendolo accessibile sia agli escursionisti esperti che alle famiglie con bambini.

Scopriamo insieme quali sono i sentieri più facili per ammirare il monte Zugspitze, come raggiungere la montagna, le opzioni di trasporto disponibili, la distanza tra il Zugspitze e Monaco di Baviera, e altre informazioni utili.

Non perderti il nostro viaggio on the road sulle Alpi! A pochi passi dal confine con la Svizzera, sul lago blu ai piedi del Cervino, fino al Friuli Venezia Giulia, a confine con la Slovenia nella Val Rosandra.

Trekking monte Zugspitze

Il monte Zugspitze offre una varietà di percorsi di trekking, ognuno con le sue particolarità e livelli di difficoltà. Tra questi, quattro sentieri si distinguono per la loro bellezza e per le meraviglie paesaggistiche che offrono:

  • Hollentalanger Route: Questo sentiero, che inizia da Hammersbach, è uno dei più popolari. Attraversa la spettacolare gola di Hollental, offrendo alcune delle viste più mozzafiato della Germania. Nonostante la sua popolarità, è adatto anche ai bambini, grazie alla sua moderata difficoltà. Si consiglia sempre abbigliamento adeguato e una preparazione atletica di base.
  • Reintal Route: Questo è il più lungo dei 4 percorsi segnalati, ma anche il meno ripido; per questo, ideale per le famiglie. Inizia da Garmisch-Partenkirchen e attraversa la valle di Reintal, regalando sprazzi naturali e viste panoramiche sul monte Zugspitze.
  • Gatterl Route: Il sentiero inizia da Ehrwald, in Austria, e attraversa il confine tedesco. È un percorso relativamente facile, e spesso affrontato anche con bambini.
  • Via Ferrata Hollentalsteig: Le ferrate, come ben noto, sono adatte solo agli escursionisti più esperti. E anche in questo caso, è consigliata solo ad esperti. L’esperienza di arrampicata su roccia permette di apprezzare appieno l’adrenalinica e vertiginosa costa rocciosa del massiccio. Il sentiero inizia dal ghiacciaio Hollentalferner e sale fino alla vetta dello Zugspitze. Assolutamente non adatto ai bambini, a chi non è pratico della montagna o a chi soffre di vertigini.
Trekking Monte Zugspitze

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Come arrivare sul monte Zugspitze da Monaco di Baviera

Il monte Zugspitze è facilmente raggiungibile sia in auto che in treno. Il viaggio da Monaco di Baviera è alquanto breve, dista poco meno di 90 chilometri e può essere raggiunto in circa un’ora e mezza di auto. In alternativa, è possibile prendere un treno da Monaco da Garmisch-Partenkirchen da cui partono autobus e treni locali per il Zugspitze.

Nonostante la sua relativa vicinanza, il Zugspitze offre un’esperienza completamente diversa rispetto alla vita cittadina di Monaco. Con le sue vette imponenti, i suoi panorami mozzafiato e la sua ricca flora e fauna, il Zugspitze offre un’esperienza indimenticabile.

Per chi preferisce un’escursione organizzata, sono disponibili tour guidati che includono il trasporto da Monaco al Zugspitze, l’accesso alla funivia e una guida esperta che conduce il gruppo lungo i sentieri di trekking.

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Cabinovia per il monte Zugspitze

Una soluzione per chi preferisce risparmiare energie per l’escursione o semplicemente godersi il panorama senza il sudore, è la cabinovia. La funivia del lago Eibsee, situata sul versante tedesco, e la funivia di Ehrwald, sul versante austriaco, offrono un viaggio veloce e comodo fino alla vetta.

La funivia del lago Eibsee è la più moderna e offre un viaggio di 10 minuti fino alla vetta. La funivia di Ehrwald, invece, offre un viaggio un po’ più lungo ma altrettanto panoramico. Entrambe le funivie sono dotate di cabine moderne e sicure, e offrono viste spettacolari sul paesaggio circostante.

Trekking Monte Zugspitze da Monaco di Baviera

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Attività invernali sul monte Zugspitze

Oltre al trekking, il monte Zugspitze offre una serie di attività invernali per tutta la famiglia. La zona del ghiacciaio offre 20 chilometri di piste preparate su neve naturale, ideali per lo sci e lo snowboard.

Il ghiacciaio più alto della Germania si trova nella splendida regione delle Alpi Bavaresi, precisamente nella zona del Parco Nazionale di Berchtesgaden. Questo maestoso ghiacciaio, chiamato Ghiacciaio del Watzmann, raggiunge un’altitudine di ben 2.727 metri sul livello del mare.

I visitatori possono anche fare delle escursioni guidate per esplorare le bellezze naturali del Ghiacciaio del Watzmann e apprendere interessanti informazioni sulla formazione dei ghiacciai e sulla flora e fauna presenti nella zona. È una vera e propria immersione nella natura, dove ci si può rilassare, fare una passeggiata e ammirare i paesaggi unici che questo tesoro della natura ha da offrire.

Per coloro che preferiscono un’esperienza più rilassata, è possibile fare una passeggiata lungo i sentieri innevati o godersi una tazza di cioccolata calda in uno dei molti rifugi di montagna.

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Preparazione per l’escursione

Prima di intraprendere un’escursione sul monte Zugspitze, è importante essere adeguatamente preparati. Assicurati di avere abbigliamento e scarpe adatte per il trekking in montagna, e porta con te acqua e snack.

Ricorda che il tempo in montagna può cambiare rapidamente, quindi è sempre una buona idea avere con sé abbigliamento impermeabile e tecnico.

Conclusione

Le escursioni sul monte Zugspitze offrono un’esperienza unica di vivere le Alpi tedesche nel pieno della loro bellezza. Con i suoi sentieri attrezzati, le capienti funivie e l’estrema prossimità a Monaco di Baviera, il Zugspitze è una meta ideale per una gita di un giorno o un weekend all’insegna dell’avventura, anche in famiglia e con i bambini.

Odeceixe Algarve – Zambujeira do Mar Alentejo: 8º tappa cammino dei pescatori

Odeceixe è un piccolo villaggio di pescatori adagiato su uno degli ultimi promontori dell’Algarve in Portogallo, a confine con l’Alentejo.

Odeceixe è il punto di partenza di questa tappa, per noi. Ma è la destinazione d’arrivo per chi inizia il cammino dei pescatori da Nord.

La suddetta tappa, da Sud a Nord, parte dal pittoresco villaggio costiero dell’Algarve per giungere a Zambujeira do Mar, sulla costa vicentina dell’Alentejo.

Immergiamoci nel vivo della tappa. Primo passo: dove imboccare il sentiero.

INDICE:

  1. Odeceixe (Algarve) a Zambujeira do Mar (Alentejo)
    1. Indicazioni percorso
    2. Informazioni tecniche sul percorso:
    3. Altimetria e sentiero
  2. Mappa cammino dei pescatori: tappa 8
  3. Come arrivare ad Odeceixe in bus da Sagres
  4. Rua do Rio – Praia de Odeceixe
  5. Parque Natural do Sudoeste Alentejano e Costa Vicentina
  6. Azenha do Mar
  7. Praia dos Machados – Praia dos Alteirinhos
  8. Praia do Carvalhal e Praia dos Alteirinhos
  9. Arrivo a Zambujeira do Mar
  10. Conclusione

Odeceixe (Algarve) a Zambujeira do Mar (Alentejo)

Indicazioni percorso

Il Sentiero dei Pescatori, in portoghese Trilho dos Pescadores, è un cammino costiero tra i più panoramici e suggestivi d’Europa.

Il percorso è segnato in ambe le direzioni, il che consente di battere il sentiero nella direzione che meglio soddisfa le nostre esigenze.

Partendo da Zambujeira do Mar, la tappa del cammino dei pescatori ha origine nei pressi della Cappella di Nossa Senhora do Mar. Al contrario, partendo da Odeceixe in Algarve, come nel nostro caso, il sentiero ha inizio dalla Rua do Rio, poco dopo aver superato il ponte sul fiume sulla strada principale.

Nessun timore: la via segnata è marcata già dal paesino e conduce fino al ponte appena citato.

Informazioni tecniche sul percorso:

altimetria e distanza tappa Odeceixe - Zambujeira do Mar

Il promontorio da costeggiare ha un’altezza media di 70 metri s.l.m. e per buona parte della tappa il sentiero è a quell’altezza. Le discese e le salite sono brevi, ma alquanto ripide, di tanto in tanto.

Altimetria e sentiero

altimetria e mappa dislivello tappa cammino dei pescatori

Mappa cammino dei pescatori: tappa 8

mappa tappa cammino dei pescatori Odeceixe to Zambujeira do Mar
Mappa da Odeceixe a Zambujeira do Mar

Come arrivare ad Odeceixe in bus da Sagres

Nella nostra prima tappa, da Fortaleza de Sagres a Cabo de San Vicente, invece di proseguire verso Vila do Bispo, siamo tornati al punto di origine per avviarci poi, in mattinata, ad Odeceixe per l’inizio del cammino vero e proprio.

Prendere i bus nel fine settimana in questa zona è quasi impossibile. Tutti i bus di linea sono soppressi e per viaggiare è possibile solo affidarsi alle poche compagnie private, come Redes Expressos.

Di norma, durante i giorni lavorativi e i feriali, i villaggi sono abbastanza raggiungibili con bus di linea che collegano ogni paesino, al massimo intervallati da qualche breve cambio.

Ma non il weekend. Per questa ragione, per raggiungere Odeceixe abbiamo dovuto prendere un autobus dal centro di Sagres alle 07:50, raggiungere Lagos, e fare un cambio in appena 5 minuti con Redes Expressos in direzione Odemira.

Un’unica falla nel piano e tutto sarebbe andato storto: impossibilità di procedere con la tappa giornaliera.

Ma per fortuna, nonostante i 5 minuti di ritardo del primo autobus, siamo riusciti a prendere al volo il Redes Expressos e solo grazie al fatto che anche il secondo autobus era in ritardo di 5 minuti.

Da Lagos ad Odeceixe sono circa 50 minuti in autobus. Di fatti, siamo arrivati alla fermata del ponte del Rio verso le 10. Ed è da questo momento che inizia la prima vera tappa del nostro cammino dei pescatori sulla Rota Vicentina.

L’autobus, prima di arrivare a destinazione, transita anche per Aljezur, punto di partenza della tappa antecedente.

Rua do Rio Odeceixe to Zambujeira do Mar

Rua do Rio – Praia de Odeceixe

La prima parte di questa tappa del sentiero dei pescatori che collega Odeceixe con Zambujeira do Mar, inizia con un tratto su asfalto.

Superato il primo ponte, adiacente alla fermata del Redes Expressos, l’insegna color celeste indica di svoltare subito a sinistra e procedere sulla strada che costeggia il fiume di Odeceixe per circa 45 minuti: il tempo di raggiungere la Praia de Odeceixe sulla Costa Vicentina.

Il percorse, in questa prima fase, segue per la maggior parte una strada su asfalto, diventando, solo negli ultimi metri, sterrato puro. Giunti nei pressi della Praia de Odeceixe, avanzando si raggiunge l’omonima spiaggia. Mentre, seguendo le indicazioni del Fishermen’s trail, si inizia una lenta e alquanto breve salita che conduce sul promontorio a Nord del villaggio.

cammino dei pescatori Odeceixe

Per questa tappa siamo carichi fino al collo, e non solo di entusiasmo, ma anche di peso che è ben oltre le indicazioni consigliate. Dalle tappe successive, infatti, optiamo per il trasporto bagagli, che ci consente di camminare con un peso del tutto più accettabile rispetto alla tappa corrente.

Affrontiamo la prima salita di giornata – ebbene sì, seppure brevi, questo tratto del cammino prevede diversi Sali-scendi – procedendo adagio verso la prima zona panoramica sull’Oceano Atlantico della mattina.

Da Odeceixe a Zambujeira do Mar

Parque Natural do Sudoeste Alentejano e Costa Vicentina

Raggiunta la zona privilegiata sull’oceano, l’intero scenario inizia a risplendere. Il sole splende in alto e l’acqua più prossima alla costa si illumina, come alimentata da un’energia propria. Il chiaro scintillio dell’acqua sfuma con un bagliore più flebile affondando in tonalità di un blu profondo e inaccessibile.

Tutto tace: le onde sono in quiete; le cicogne, vigili, accudiscono la loro prole, mentre la brezza sembra eseguire un adagio, ricordando della straordinaria arte che madre natura, ogni giorno, è in grado di comporre.

Praia de Odeceixe

Costeggiamo le estremità del promontorio e avanziamo, increduli, in uno dei paesaggi più ammalianti a cui si possa avere la fortuna di assistere in vita. Ogni sguardo potrebbe ad uno scatto perfetto per una cartolina. Siamo nel Parque Natural do Sudoeste Alentejano, su uno dei tratti di costa più selvaggi e intatti che esistano in Europa.

Il Parco Naturale è caratterizzato da sabbia sul promontorio, piccole aree boschive, vegetazione prettamente tipica delle zone costiere e dei paesaggi semi-desertici, con pini, piante grasse e vegetazione diradata. Prevalentemente, di fatto, si cammina senza alcuna ombra.

La sabbia è anche uno degli elementi che rende l’intero cammino alquanto faticoso. La sua presenza è costante e, in determinate tappe, come questa, rende difficile l’avanzata, proprio come se si camminasse su una spiaggia, distanti dal bagnasciuga.

praia de Odeceixe sul cammino dei Pescatori
Praia de Odeceize – rio de Odeceixe, Algarve, Portogallo

Azenha do Mar

Dal primo panorama sulla Praia de Odeceixe si raggiunge Azenha do Mar in poco più di un’ora. Questo primo e unico villaggio sulla via è davvero piccolo e, per quanto visto, conta con pochissime casupole, tutte esclusivamente di un color bianco acceso.

Al di sotto del paese, situato nella parte alta del promontorio – di fatto, a strapiombo sull’Oceano – si trova la Praia de Azenhas, caratterizzata anche da una piscina naturale.

Ma le vere bellezze del cammino sono nelle zone selvagge. Oltrepassando di poco il villaggio, ecco riemergere le selvagge insenature costiere cosparse di vegetazione autoctona, farfalle variopinte e scogliere imponenti di un color ardesia.

cammino dei pescatori da Odeceixe in Portogallo

Giunta quasi l’una in punto, ne approfittiamo, anche grazie ad uno scenario mozzafiato, per consumare il nostro pasto al sacco. Ottimo per rifocillarsi e non solo. Con questa pausa svuotiamo per bene anche un po’ di peso che rendeva il viaggio abbastanza complesso.

In seguito, ritorniamo sui nostri passi e iniziamo un tratto di circa 4 km che prosegue su strada normale, rientrando verso l’interno. In alcuni casi, i viaggiatori possono anche pensare di prendere un taxi per raggiungere direttamente il tratto di sentiero che ritorna sulla Costa Vicentina.

Nel nostro caso, percorriamo i 4 km di strada fino a rientrare sulla parte panoramica della costa, addentrandoci, poco prima di raggiungere Praia da Amália, in una galleria costituita da vegetazione.

Piante e rampicanti coprono un breve tratto di sentiero che, come in una fiaba, conducono verso un mondo nuovo, inesplorato, magico e selvaggio.

Sono le 2 e mezza di pomeriggio circa e incontriamo il segnavia che cita: 6 km per Zambujeira do Mar. 2 terzi del percorso sono stati completati. Ora manca solo il rush finale.

Trilho dos pescadores Odeceixe

Praia dos Machados – Praia dos Alteirinhos

In questa ultima fase della tappa sul sentiero dei pescatori, in circa 2 ore di cammino costeggiamo scogliere incantate, paesaggi fiabeschi e spiagge candide di sabbia finissima.

La prima spiaggia ad incontrare lungo la via è la Praia dos Machados, una splendida cala rinchiusa tra le vertiginose pareti rocciose del promontorio. Questa praia non è l’unica. Durante tutto il tragitto, sono decine le calette disseminate sul percorso.

La bellezza sta proprio nel susseguirsi di rientranze dell’oceano che accompagnano lungo tutto l’itinerario della tappa. Insenature con sponde a strapiombo che lasciano a bocca aperta.

Odeceixe to Zambujeira do Mar cammino dei pescatori

Selvagge e incontaminate, le calette godono di una quiete profonda dettata dall’impossibilità di raggiungere le spiagge, se non a volte, ma con una buona dose di coraggio, motivazione e allenamento fisico.

Proprio così, potrà sembrare strano, ma l’unico modo per raggiungere alcune di queste piccole baie è sfidando le rocce scoscese del promontorio, lanciandosi per viuzze e sentierini appena accennati. Percorsi abbozzati che mettono il capogiro al solo sguardo.

Questa caratteristica rende questi sprazzi di paradiso vergini e poco battuti, se non per nulla. È bello pensare che al mondo, alcune di queste aree, possano restare così, libere dall’azione dell’uomo, sganciate dal vento di follia che spinge a prendere e devastare ogni cosa, con la presunzione di esserne proprietari, e per il solo scopo di lucro.

La natura va preservata, ma sono ancora in pochi a rendersi conto del danno che si sta creando, procrastinando la ricerca di soluzioni.

rota vicentina Odeceixe

Praia do Carvalhal e Praia dos Alteirinhos

Prima di raggiungere Zambujeira do Mar, nella nostra tappa con origine Odeceixe nell’Algarve in Portogallo, superiamo altre due spiagge da cartolina:

  • Praia do Carvalhal
  • Praia dos Alteirinhos

Le due spiagge sono angoli di pace immersi in un tripudio di colori. Acque turchesi, spiagge dorate e scogliere nere creano il giusto mix per una località da sogno.

Tra una spiaggia e l’altra, abbiamo anche la fortuna di avvistare una famiglia di struzzi, due più grandi e tre pulcini. Probabilmente, si tratta di una piccola area destinata ad una fattoria o qualcosa del genere.

Parque Natural do Sudoeste Alentejo

Arrivo a Zambujeira do Mar

Superate le ultime baie, siamo finalmente ai piedi del villaggio, meta del nostro itinerario di giornata: Zambujeira do Mar. Completiamo l’intera tappa in circa 6 ore complessive con pause, sebbene piuttosto poche, e soste per reintegrare i liquidi.

Abbiamo portato a termine la nostra prima tappa reale. Prima tappa reale perché fino ad ora non avevamo ancora mai percorso un’intera tappa di un cammino. Il cammino dei pescatori diventa qualcosa di più vicino alla nostra portata. La stanchezza si fa sentire.

Siamo entusiasti, ma non è ancora finita. Dobbiamo raggiungere il campeggio: stasera si dorme in tenda. L’idea, infatti, era proprio quella di intraprendere il cammino dei pescatori in tenda, dormendo nei campeggi durante le diverse tappe. Per motivi logistici e di preparazione, alla fine questa sarà l’unica notte in tenda.

Stremati dalla giornata: svegli dalle 6 e camminando dalle ore 10:00 del mattino fino alle 17:00, orario in cui raggiungiamo il campeggio che, come ben noto, è sempre piuttosto fuori dai paesini, in generale.

L’ultimo tratto, infatti, è lo sforzo più duro. Ogni passo sembra allontanarci dalla meta. Un rettilineo in falsopiano ci sembra un trekking sul Gran Paradiso. Ci siamo, la prima tappa si è davvero conclusa.

Raianaraya da Odeceixe a Zambujeira do Mar

Conclusione

Di tutte le tappe che seguiranno, quella da Odeceixe a Zambujeira do Mar è di sicuro quella con le migliori vedute e, in effetti, anche quella che ci è piaciuta di più. Da consigliare a chi non voglia intraprendere l’intero cammino, ma lanciarsi solo in poche tappe selezionate.

Unico tasto dolente: dislivello (300 positivo e 300 negativo circa) e tratti leggermente esposti. Poco raccomandato per chi soffre di vertigini o ha paura dell’altezza. Da affrontare con scarpe da trekking.

Per maggiori informazioni, visita il sito ufficiale Rota Vicentina.

Fortaleza de Sagres – Cabo de São Vicente: fishermen’s trail in Portogallo

La fortaleza de Sagres è sita a pochi passi dal centro di Sagres, in Portogallo, località in cui passa la nota Rota Vicentina e, in particolare, il fishermen’s trail o Cammino dei Pescatori.

La fortezza di Sagres è il punto di partenza di una delle tappe della Via Vicentina, raggiungibile a piedi in pochi minuti da Sagres: Sagres Cabo de São Vicente.

Lanciarsi in questa avventura permette di esplorare gli scoscesi promontori della costa Sud Ovest dell’Algarve, ammirare spiagge candide incontaminate e respirare la quiete di uno dei tratti di costa più selvaggi e intatti d’Europa.

Indice:

  1. Fortaleza de Sagres
  2. Sagres: il villaggio incantato
  3. Cammino dei pescatori dalla Fortaleza de Sagres
  4. Praia do Tonel: la via segnata
  5. Praia do Beliche
  6. Fortaleza do Beliche
  7. Farol de Cabo de São Vicente
rota de san vicente

Fortaleza de Sagres

La prima tappa del Trilho dos Pescadores, meglio noto come Cammino dei Pescatori, per noi ha avuto inizio da Sagres, un villaggio di pescatori ai confini del mondo.

Se lo stretto di Gibilterra era considerato la fine del mondo in antichità, Sagres e il farol do Cabo de São Vicente delimitano un confine ancora più marcato: l’estremità più occidentale d’Europa, oltre il quale domina, impetuoso, un solo elemento, l’acqua dell’Oceano Atlantico.

Prima di iniziare, bisogna fare una premessa. Il cammino dei Pescatori è un percorso che ha origine in Lagos e si snoda tra le campagne e le scogliere del Sud del Portogallo, prima nell’Algarve e in seguito nell’Alentejo fino a S. Torpes.

Per chi avesse voglia di affrontare tutte e 13 le tappe del sentiero dei pescatori, bisognerebbe partire da Lagos e raggiungere Sagres con 3 prime tappe.

Nel nostro caso, abbiamo raggiunto direttamente Sagres per mancanza di tempo e il primo step dell’itinerario è stato il tratto Fortaleza de Sagresfarol do Cabo de São Vicente.

Fortaleza de Sagres

Sagres: il villaggio incantato

Sagres è un tranquillo villaggio di pescatori affacciato sull’Atlantico. Il silenzio qui è sovrastato solo dalla risacca dell’Oceano che la notte sembra cullare dolcemente nel sonno.

Le case sono poche, villette indipendenti per lo più, disseminate casualmente tra la macchia mediterranea. Un centro vero e proprio non esiste se non per pochi locali concentrati sulla via principale.

Raggiungere un ristorante camminando su un sentiero nel verde e osservare l’Oceano da una scogliera a strapiombo, sono solo alcune delle straordinarie caratteristiche di Sagres.

A tratti sembra ricordare alcuni villaggi australiani sulla East-Coast dove a regnare sono la pace, i surfisti che, instancabili, cavalcano le onde dell’oceano e i camper van dei viaggiatori, parcheggiati in ogni dove.

Con questo splendido scenario di partenza, inizia il nostro cammino dei pescatori.

Meta di giornata: Cabo de San Vicente. Meta finale: Porto Covo.

vegetazione promontorio Sagres

Cammino dei pescatori dalla Fortaleza de Sagres

La prima tappa della nostra Via Vicentina inizia con lo sguardo rivolto verso la Praia da Mareta. La fresca brezza del mattino inebria l’atmosfera mentre poche nuvole sparse a tratti lasciano trapelare qualche raggio di luce solare.

Imbocchiamo il sentiero adiacente al chiringuito Last Chance e procediamo in direzione Fortaleza de Sagres. Il sentiero è ben segnato e conduce in circa 10 minuti alla fortezza.

I nostri occhi, in diverse occasioni, sono colpiti dalle acque cristalline che bagnano la costa e da sinuosi sentieri che costeggiano il promontorio.

Invece di accedere alla Fortaleza de Sagres, preferiamo scendere per un sentiero esposto, ma non difficile, che non ha alcun sbocco.

Il tratto finale combacia con le mura della fortezza, ma si apre su uno scenario mozzafiato dove a destra torreggia l’antica costruzione di Sagres e in basso, decine di pesci di ogni genere nuotano in acque trasparenti.

La fortaleza de Sagres è accessibile solo con l’acquisto di un biglietto d’ingresso. Il prezzo è contenuto, ma può variare di anno in anno. Dalla fortezza è possibile raggiungere un piccolo faro e avere una visuale completa sull’orlo più esterno d’Europa. Ma attenzione, a nostro parere, il meglio dei panorami è più avanti, verso il Cabo de São Vicente.

fortaleza de sagres cammino dei pescatori

Praia do Tonel: la via segnata

Il percorso segnato, blu e verde, per il cammino dei pescatori, da Sagres segue la strada principale, su asfalto, fino alla praia do Tonel. Superata la spiaggia, senza scendervi, si aggira la scogliera fino a trovare il primo segno, su una roccia, che indica di voltare a sinistra e lasciare la strada.

La praticità del fishermen’s trail, soprattutto in questa fase, sta nella scarsa vegetazione presente sulla scogliera. Questo permette di avere un’ottima panoramica sul sentiero eliminando del tutto la possibilità di perdere la giusta via.

Camminiamo su un sentiero sterrato e, a tratti, leggermente roccioso che ci conduce sul promontorio tra le maestose insenature della costa dell’Algarve. Serpeggiando sui fiordi, seguiamo la linea della costa, perdendoci nelle incantevoli meraviglie della natura.

La vastità dell’Oceano e le scogliere a strapiombo creano uno spettacolo sublime. Persino gli occhi, smarriti al cospetto di cotanti spazi aperti, si perdono nel vuoto e catturano ogni dettaglio della costa, come stupiti da una vista quasi irreale.

Passo dopo passo superiamo calette e insenature, ognuna delle quali è unica nella forma e nella bellezza. Scolpito dall’erosione e dalle ere, il tratto di costa che conduce a Cabo de São Vicente cambia continuamente e straordinariamente, sprazzi di paesaggi come solo l’Algarve può regalare.

fortaleza de Sagres da praia do Tonel

Praia do Beliche

Definendo il percorso con ogni nostro nuovo passo, raggiungiamo, adagio, l’insenatura costiera che ospita la Praia do Beliche. Come se avesse previsto il nostro arrivo, i cumulonembi lasciano trapelare, prima alcuni raggi, fino ad illuminare l’intero scenario.

La luce del sole, allo spostarsi delle nubi, come scoprendo un velo sulla costa, esalta le tonalità eteree dell’acqua oceanica. Un tripudio di colori tenui, freddi, ma vivi più che mai ai nostri occhi, cambiano del tutto la scena dinanzi a noi.

Ora il promontorio sembra non appartenere più a questo mondo: così perfetto, nelle sue imperfezioni, da risultare divino, troppo lontano da dove appartiene.

Costeggiamo l’intero arco costiero, il tratto che abbraccia la spiaggia di Beliche e, dall’alto, ammiriamo le meraviglie scultoree realizzate dall’immensa dea natura.

Un sguardo verso Nord-Ovest: il Farol de Cabo de São Vicente si eleva ancora distante. Abbiamo lasciato la Fortaleza de Sagres alle nostre spalle da circa 2 ore e ancora due insenature ci separano dalla prima nostra meta.

Lasciamo, per un momento, il sentiero per immeterci sul manto stradale. Subito dopo aver superato la Praia do Beliche, la via segnata converge con la carreggiata per le auto.

La strada passa vicino al sentiero per un bel pezzo. La via in asfaltato è, tra l’altro, anche il percorso dei pescatori per chi intraprendere la Rota Vicentina in Portogallo in bici.

Praia do Beliche Algarve

Fortaleza do Beliche

Penultima tappa di questa prima passeggiata dalla fortaleza de Sagres a Cabo de São Vicente: la fortaleza do Beliche. In questo ultimissimo tratto, torreggia sulla roccia in continua erosione, un’antica fortezza dell’Algarve in Portogallo, a pochi passi da Farol de Cabo de São Vicente.

Meglio nota come fortaleza S. Antonio do Beliche, e sita nel comune di Vila do Bispo, era un avanposto di difesa per i pescatori locali che, al tempo, erano attaccati, sovente, da corsari e pirati reietti o malfamati.

Il famigerato corsaro Francis Drake danneggiò severamente l’edificio nel 1587, con un attacco combinato che portò quasi alla distruzione della fortezza. Il terremoto del 1755 quasi distrusse del tutto il forte che nel secolo scorso, infine, andò in disuso.

Oltrepassata la vecchia fortezza, ecco sopraggiungere, sempre più marcata, la sagoma del faro alla fine del mondo, o per meglio dire, ai confini del nostro continente.

fortaleza de sagres a cabo de san vicente

Farol de Cabo de São Vicente

Percorriamo gli ultimi metri che precedono l’entrata del Farol de Cabo de São Vicente. In totale, dalla fortaleza de Sagres, sono passate circa 3 ore. Il meteo non è dalla nostra, ma almeno non minaccia rovesci.

Come per ogni località toccata dal turismo, mercanti e bancarelle appaiono, come per magia, a rovinare, in parte, mete di per sé incontaminate e che dovrebbero restare tali. Fortunatamente, nelle seguenti tappe, sempre più selvagge, ciò non accade, almeno per ora.

Il Farol, di per sé, nulla di eccezionale. Sono le coste frastagliate a descrivere le straordinarie meraviglie dell’Algarve.

Dopo una breve perlustrazione all’interno, dove sono presenti 2 negozi di souvenir e un bar, usciamo per recarci sull’orlo della costa, dove, seduti su delle rocce, abbiamo potuto consumare il nostro pranzo in pace, accarezzati dalla brezza e dal fragore della risacca.

Farol do Cabo de S. Vicente

Per tornare indietro a Sagres, siamo stati gentilmente accompagnati da una coppia di olandesi: in totale, in auto, sono circa 7 minuti ed è l’unica via che porta al faro. Per questo, prendere un passaggio è piuttosto semplice.

Ma non tentate di fare l’autostop in altre zone del cammino: nei borghi di pescatori, i locali sono piuttosto diffidenti, non diversamente da come accade in Italia.

Killarney National Park, un’oasi naturale nella Contea di Kerry

Il Parco Nazionale di Killarney, Cill Airne in gaelico, è un importante sito per la tutela e la conservazione della natura nel Sud-Ovest d’Irlanda. Dal punto di vista storico-culturale, la riserva è sede di castelli, torri, antiche abbazie e tracce di un passato che perdurano sino ai giorni d’oggi per testimoniare ciò che fu. Ma non è tutto. Il Parco è riconosciuto in tutto il mondo anche per i suoi sentieri escursionistici tra laghi, montagne e l’immenso oceano Atlantico.

Il killarney National Park è anche stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1981, ed è semplice comprenderne il perché. Ecco la nostra esperienza nel verde più assoluto, in uno scenario tinto di un color smeraldo che mai in alcun altro luogo della terra può essere eguagliato.

Killarney: la prima meta

Visitare il Killarney National Park è una missione impegnativa, soprattutto per chi come noi alloggia a Cork e vuole evitare di prendere qualsiasi forma di mezzo, a parte il treno per giungere a Killarney.

Inizia tutto con l’arrivo nel verdeggiante paesino irlandese, Cill Arnie. ad un primo sguardo è tutto calmo, così tranquillo e in pace. Un edificio cattura subito la nostra attenzione, a vedersi un hotel, con una facciata completamente ricoperta di rampicanti con variazioni cromatiche dal rosso al verde; un caratteristico benvenuto e un preludio alla giornata di esplorazione nell’Irlanda più selvaggia.

Procediamo verso il centro del borgo e ci ritroviamo a passeggiare tra localetti, casupole e negozi variopinti. I colori sono accesi, vivi, capaci di allietare lo sguardo e trasmettere allegria in ogni sfumatura.

Anche killarney è viva, il tram tram quotidiano è già iniziato per molti residenti che afferrano una brioche, bevono il primo caffè e si apprestano a dare il via alle attività del giorno.

Ci lasciamo trasportare per un attimo e ordiniamo uno scone, un dolce tipico di origine britannica. D’altronde non avevamo messo ancora nulla sotto i denti e per caricare le energie non vi è modo migliore.

A stomaco pieno e ben carichi per la giornata che ci aspettava, siamo pronti di nuovo, come ai vecchi tempi, come in Australia, a esplorare e perderci per ore nel bel mezzo della natura, lontani da qualsiasi distrazione.

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Killarney National Park

Killarney è ben connessa alla riserva della biosfera sia con tour su carrozze a cavallo, ma anche con navette o autobus. Ma come anticipato, noi avevamo già deciso di esplorare l’area del tutto a piedi e quindi procediamo come da piano.

La via che imbocchiamo è la Ring of Kerry, nota per essere parte di uno degli itinerari ad anello più affascinanti della contea di Kerry in Irlanda.

Il percorso è lungo circa 200 chilometri e permette di raggiungere l’oceano Atlantico e anche zone in cui si allaccia la famosa Wild Atlantic Way, 2.500 chilometri di sentiero sulla costa atlantica che si estende dalla punta di Malin Head, nella contea di Donegal, fino al Sud più estremo, kinsale, nella contea di Cork.

Procediamo sulla Ring of Kerry per circa 3 chilometri. Impieghiamo non meno di 40 minuti per raggiungere a piedi l’entrata del Killarney National Park. Ma il nostro ingresso nella riserva naturale è spiazzante. Finalmente ritroviamo quei paesaggi fiabeschi, lussureggianti e sileziosi tipici della tradizione irlandese.

Trifogli, quadrifogli e muschio in ogni dove, proprio come se stessimo osservando quella meraviglia attraverso una lente con un filtro verde . Verde, verde e ancora verde, tutto risplende di un’unica tonalità. Siamo solo al principio, ma le basi sembrano già andare oltre le aspettative.

La vegetazione qui è così lussureggiante da apparire artificiale. Il verde smeraldo è un regalo di madre natura dovuto alla forte piovosità della zona; il che rende il paesaggio rigoglioso e rigenerante agli occhi di chi lo osserva.

I Laghi di Killarney

Appena varcata la soglia del Parco, siamo già sulle sponde del lago Lough Leane. L’acqua è calma, il meteo di Killarney per ora sembra non preoccupare e le montagne che circondano il bacino, le Macgillycuddy’s Reeks, sembrano completare uno scenario quasi mitico, surreale, capace di allontanare ogni pensiero dalla mente.

I tre laghi

Sebbene i laghi all’interno del Killarney National Park siano tre:

  • Lough Leane
  • Muckross Lake
  • Upper Lake

Questi si uniscono tutti in un unico punto. Ciò che stupisce di più è che nonostante siano parte di uno stesso lago più esteso, ognuno di essi ha un suo microclima e una sua biosfera particolare.

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Il ponte incantato

Procediamo avanti sulla nostra via e in men che non si dica, ecco comparire un ponte, non un comune ponte, ma quello che ritengo essere il più affascinante e magico di cui abbia esperienza.

Il ponte sembra emergere dalla selva, riflettendo il suo splendore come in uno specchio in un rivolo sottostante. La natura ha preso il sopravvento su questa antica creazione architettonica e rampicanti di ogni genere hanno ricoperto ogni suo angolo, cercando, qua e là, di fondersi con l’acqua.

È pieno autunno, ma il tema ricorrente è un verde foresta, solo il rosso talvolta contrasta un verde imperiale che domina incontrastato. Si delinea così un quadro pittoresco a metà tra il surreale e l’inconsueto. Sarà trascorsa forse la prima ora, ma siamo già incredibilmente ammaliati da questo reame boscoso tremendamente incantevole.

Mackross Abbey

Dopo aver ripreso l’itinerario, la straordinaria bellezza di quel ponte aleggia nella nostra mente ancora per qualche minuto. È incredibile come alcuni paesaggi con la loro estrema bellezza possano sconvolgere le nostre emozioni. Ci toccano nel profondo e scuotono un qualcosa che altrimenti resterebbe celato.

Camminiamo meravigliati su questo tappetto di erba rigogliosa e su di un muschio splendente. Con nostro stupore, scopriamo che i rovi all’interno del Parco sono tutti carichi di more e non lasciamo scapparci l’occasione di assaggiarne qualcuna.

rovi di more in Killarney National Park

Il muschio ricopre tronchi, rocce, sassi e suolo, creando un’atmosfera incantata. La riserva presenta dei connotati così unici da apparire per davvero la dimora di elfi, folletti o creature magiche.

Ma è a questo punto che si raggiunge l’apice dello stupore: l’inspiegabile fascino di un’antica abazzia, circondata da decine di croci celtiche e antiche lapidi.

Muckross Abbey, Killarney National Park

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L’abazzia dei monaci francescani

Giungiamo alla Mackross Abbey, Mainistir Locha Léin in gaelico, uno dei siti ecclesiastici più importanti all’interno del Parco Nazionale di Killarney. L’antico monastero francescano fu fondato nel 1448 per ospitare i monaci osservantini del Santo d’Italia.

Oggi tuttavia resta lo scheletro dell’abazzia. Il monastero nel corso degli anni è stato messo a dura prova e più volte è stato ricostruito. Quello a cui si può assistere ora è un tenue lascito che ancora funge da custode per il piccolo cimitero adiacente.

Esploriamo le mura del Muckross Abbey e lasciamo che la mente vaghi libera di rincorrere le più varie ipotesi sulla storia del monastero. Il tetto è ormai scoperto, solo il chiostro e alcuni corridoi hanno ancora una copertura, in pietra, come l’intero edificio.

chiostro Muckross Abbey Killarney National Park

Il chiostro delinea un quadrato quasi perfetto. Solo un colonnato separa il cortile dal corridio. Al centro un albero secolare svetta verso l’alto e supera l’abazzia in altezza.

Possiamo salire di livello, così saliamo le scale in pietra del tutto bagnate, non tanto diversamente da come i franscani ai tempi fossero abituati a percorrerle, pensiamo. Probabilmente al piano superiore vi erano stanze, forse una cucina e una sala comune dove i monaci consumavano i loro pasti, insieme nella fede.

La mente divaga finché da uno spazio compare il cimitero. Dall’alto sembra che un verde brillante avvolga le croci e le lapidi sottostanti, lustrando e rigenerando le tombe di coloro che riposano in pace, lì dove il silenzio regna da padrone.

Respiriamo la calma, la tranquillità, la quiete e l’armonia che quella vista può suscitare. Quasi come in seguito ad una meditazione, sembriamo aver raggiunto uno stato di rilassamento. Ci sentiamo rinvigoriti, più consapevoli.

Abazzia di Muckross, Killarney

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Mackross House

Lasciamo alle nostre spalle il monastero e proseguiamo per il nostro itinerario. È il momento di passare per la Mackross House: una villa in stile vittoriano e anche un’antica tenuta rurale che sfoggia un gran lusso senza tanti fronzoli.

Ma non è questo il tipo di attrazioni per cui siamo al Killarney National Park. Siamo in questa riserva della biosfera prima di tutto per essere testimoni del suo magnifico patrimonio naturale. Scorriamo avanti l’edificio e avanziamo, ancora, e ancora, verso una precisa meta, lì dove le acque si incontrano.

natura nel Parco Nazionale di Killarney

L’ Amore per la Terra

“L’ amore di un Paese, io ho
amato,

Foreste di pini e scogliere di
granito,

Il mare, le valli e le colline,

E tutti gli animali della terra e
dell’acqua”

The Lake isle of innisfree, (estratto) – w. b. Yeats

Meeting of the waters

L’ultima meta di giornata si avvicina. Il giro ad anello intorno al lago centrale del Killarney National Park, il Muckross lake. Questo sentiero circolare copre circa 15 chilometri e conduce in punto davvero speciale: il meeting of the waters.

Imbocchiamo il sentiero e procediamo nel silenzio, nella pace e nel verde incontrastato. Impieghiamo circa due ore per concludere l’intero percorso. Ma a metà strada giungiamo nel luogo in cui le acque dei tre laghi, il Lough Lane, il Muckross Lake e l’Upper Lake, si incontrano e si mescolano.

Ci fondiamo con la natura e camminiamo, a tratti anche sotto la poggia, in uno scenario che sempre più riflette quell’idea di magico e irlandese. Accogliamo la pioggia con piacere. L’acqua d’altronde è un elemento caratterizzante dell’isola, e quale miglior maniera per vivere appieno un’esperienza completa?

Infine, eccoci giungere al meeting of the waters, lì dove convergono le acque e tutto tace, ancor più di altre zone del Parco Nazionale di Killarney. Il suolo qui talvolta viene inondato dall’acqua, ma per fortuna in questo caso siamo fortunati.

meeting of the waters nel Parco Nazionale di Killarney, Irlanda

Nei pressi di questo congiungimento dei laghi, cerchiamo di seguire un sentiero nel bosco, tra radici, muschio e rivoli che intervallano la via. Ma la pioggia diventa più insistente e il percorso poco agevole. Pertanto, decidiamo di desistere e rimetterci sull’anello principale.

Procediamo verso la fine dell’anello fino a raggiungere il sentiero che porta sulle cascate di Torc. Il meteo non è dei migliori, e noi abbiamo già affrontato circa 30 chilometri a piedi, così passiamo l’imbocco al sentiero delle cascate senza però imboccarlo.

Siamo a circa 8 chilometri da Killarney, in un sentiero parallelo alla statale N71 che conduce a Kenmare. Il sentiero è a tratti coperto da pini e una folta vegetazione lussureggiante.

Passo dopo passo ascoltiamo la lieve pioggia picchiettare su foglie, muschio e rami. Avanziamo come accompagnati da una leggera e flebile melodia naturale. L’avventura al Killarney National Park sta ormai quasi per concludersi.

Killarney National Park meeting of waters

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Il mito della Dea del lago

Secondo una credenza celtica, si narra che nel Killarney National Park vivesse una Dea del lago. La stupenda divinità dalle sembianze umane si innamorò secondo la leggenda di un pastore noto come Oisìn.

Il giovane pastore ogni mattina si recava nei pressi del lago per far pascolare le sue pecore. Era in questi momenti che la Dea lo osservava dalle profondità del lago, sperando che un giorno potesse unirsi a lui.

Un giorno la Dea decise di emergere e mostrarsi a Oisìn. Fu allora che la giovane divinità propose al pastore di unirsi a lei nel lago e vivere per sempre uniti. Oisìn accettò e insieme raggiunsero le profondità del bacino.

Quando il giovane pastore riemerse dalle acque si rese conto di qualcosa di sconvolgente: erano trascorsi ben 300 anni. Tutto ciò che conosceva e i suoi cari erano ormai morti, ma egli aveva un desiderio incontrollabile di rivedere, almeno per un’ultima volta, la sua casa.

La Dea del lago acconsentì, ma solo ad una condizione: non avrebbe dovuto toccar piede sulla terra una sola volta. Così Oisìn si recò verso casa, ma dimenticando della promessa fatta, mise un piede a terra e morì all’istante.

Oggi la leggenda vuole che il giovane pastore viva ancora nei pressi del lago e la sua Dea sia ancora nelle profondità, ad aspettare che il suo amato faccia ritorno a casa.

L’ esperienza del Killarney National Park

La riserva naturale ci saluta con brevi intervalli di pioggia che a intermittenza rigenera quel verde incantato. Oltrepassiamo il cancello d’ingresso attraverso il quale, circa 6 ore prima, avevamo varcato per la prima volta la soglia .

Siamo stanchi, abbiamo camminato per oltre 40 chilometri e ci aspettano ancora 40 minuti prima di raggiungere Killarney. Ma siamo sereni, in pace, soddisfatti dell’estrema bellezza e delle emozioni che questo Parco è capace di donare.

Killarney bar Irish beer

Il Killarney National Park è un ecosistema in cui immergersi e lasciarsi trasportare. È lo spirito che aleggia al suo interno a trasportarti, come se avesse un’anima propria, in grado di infondere pace e comprendere le tue intenzioni. Una volta varcata la soglia, basta respirare e vivere il momento, tornando indietro nel tempo, agli archetipi della vita.

Gran Sasso: escursioni a Campo Imperatore e Rocca Calascio

Campo Imperatore, Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio sono le ultime mete della nostra ultima tappa di questo itinerario on the road in Abruzzo. Un viaggio iniziato dalla mitica Costa dei Trabocchi per poi attraversare le verdi valli del Parco Nazionale d’Abruzzo, e giungere infine sulle pendici rocciose del maestoso Gran Sasso.

Dal Parco Nazionale d’Abruzzo al Gran Sasso

Il primo trekking affrontato, degno di poter essere definito tale, lo abbiamo intrapreso sulla Majella e in particolare sul Monte Focalone. Questo proprio in seguito all’escursione verso le cascate delle ninfee, mai pervenute.

Ed è per recuperare che abbiamo optato per una visita di un giorno sulla catena montuosa più prominente degli Appennini, subito dopo al maestoso Gran Sasso.

In questa maniera abbiamo potuto sgranchire le gambe e riscaldarci prima di approdare tra le lande desolate di Campo Imperatore. Noto in Abruzzo come il piccolo Tibet, l’altopiano presenta un paesaggio sterminato, costellato di rocce, distese brulle e animali al pascolo per chilometri e chilometri.

In questi ultimi giorni siamo andati a caccia di antichi borghi, tra natura e vette immemori, nell’area naturalistica del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dalla Majella al Gran Sasso, ripercorrendo terre remote.

Gran Sasso, Corno Grande, Abruzzo, Campo Imperatore

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La leggenda della Dea Maia e del “Gigante buono”

Mistiche e intriganti sono le storie che si raccontano riguardo all’origine delle catene montuose appenniniche più alte d’Abruzzo.

Una di queste leggende narra della bellissima Dea Maia, la divinità più affascinante delle Pleiadi, che viveva nella Frigia, antica regione dell’Anatolia centro-occidentale, con il suo amato figlio, un uomo altissimo e robusto a tal punto da essere conosciuto come il “Gigante”.

Un giorno, per via di una feroce battaglia, il ragazzo riportò ferite talmente gravi da portarlo quasi alla morte. La Dea Maia, scioccata dall’avvenimento, immediatamente si recò in un luogo sacro per chiedere aiuto ad un oracolo.

Quest’ultimo le mostrò una montagna immensa, oltre i confini del mare, dove nasceva un’erba medica che avrebbe potuto guarire qualsiasi tipo di ferita. Così, i due subito intrapresero un estenuante traversata via mare.

Attraccarono con non poca difficoltà nel porto dell’antica cittadina costiera di Orton, l’odierna Ortona. Ma stanchi per il viaggio, trovarono rifugio in una grotta naturale. E fu lì che il gigante, ormai in fin di vita, spirò fra le braccia della Dea Maia che da allora non riuscì in alcun modo a consolarsi della morte di suo figlio.

La nascita della Majella

Maia si recò sul Gran Sasso per seppellire il corpo del ragazzo. Fu da allora che il profilo del massiccio montuoso mutò e iniziò a ricordare quello di un gigante che dorme.

Nel frattempo, in preda alla disperazione, la Dea iniziò a errare senza meta. Fino a che un giorno ella raggiunse la montagna di fronte. In questo modo, avrebbe potuto vegliare per sempre sul luogo in cui era sepolto suo figlio.

Da quel momento in poi, Maia diventò un’eremita e vagò fino al giorno della sua morte. In suo onore, gli abitanti della zona chiamarono la montagna con l’appellativo Majella e, come per miracolo, la conformazione rocciosa prese le sembianze di una donna china che veglia sul suo amato figlio.

Tutte le divinità vicine alla Dea Maia e al Gigante, intristite per lo strazio e per i drammatici eventi, fecero in modo che i due diventassero immortali donando le loro sembianze alle due montagne su cui erano sepolti: Il Gran Sasso e la Majella.

Alcuni pastori narrano che nei giorni di bufera, il vento a tratti sembri ricordare il lamento della Dea Maia, ancora in lacrime per il figlio perduto.

Vado di Corno, Campo Imperatore, Gran Sasso d'Abruzzo
Vado di Corno, Campo Imperatore, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

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Rocca Calascio e Castel del Monte

Al mattino, entusiasti per le nuove avventure tutte da vivere, proseguiamo con il nostro viaggio on the road nell’Abruzzo selvaggio, lasciando a malincuore la mitica Majella. In particolare, per raggiungere il Parco Nazionale del Gran Sasso. Ma soprattutto, il primo borgo sulla nostra lista: Rocca Calascio.

Il caldo torrido, il sole cocente e l’assenza di vento ci rendono la vita abbastanza difficile. Non a caso, in alcuni momenti siamo impegnati in una vera sfida di sopravvivenza. Lo sforzo per concentrare tutte le nostre energie e resistere a quelle temperature era alquanto anomalo, specie se si considera che sia una zona ad alta quota: il termometro segnava oltre 40°.

Raggiungiamo la roccaforte con circa quaranta minuti di ritardo a causa della mancanza di segnaletica. Intanto, le nostre forze sono al limite e nel mio caso, comincio ad avere un preoccupante mal di testa, nonostante portassi una bandana sul capo.

Arrivo a Rocca Calascio

Rocca Calascio è un borgo su di un cucuzzolo di una montagna a 1.460 metri s.l.m. La vista panoramica è mozzafiato e dai numerosi oblò ricavati dalla roccia ci divertiamo a immaginare come le guardie un tempo scrutassero le vallate circostanti e, per ammazzare la noia, scolassero litri di liquore locale fino a crollare in un sonno profondo.

Tornando verso l’auto, incomincio a sentire vampate improvvise di calore, soprattutto circoscritte alla testa. Verso più volte dell’acqua sul capo per cercare di rinfrescarmi, ma era ormai chiaro che avessi a che fare un colpo di calore. E anche piuttosto forte, quindi, decidiamo di dirigerci verso Castel del Monte e cercare un posticino dove pranzare e riposare un po’ finché non fossi stato meglio.

Transitiamo per il comune montano di Castel del Monte e subito intravediamo una piccola salumeria locale, quelle attività in via di estinzione che ancora riescono a offrire prodotti tipici e di qualità al contrario delle realtà commerciali odierne, incentrate sulla sola quantità e il profitto.

Compriamo un paio di salsicce di cinghiale e ci rechiamo in un parchetto nelle vicinanze, all’ombra di maestosi alberi e seduti su una panchina di legno.

Gran Sasso, Rocca Calascio, Abruzzo
Rocca Calascio, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Abruzzo

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Campo Imperatore e Vado di Corno nel Gran Sasso

Nel pomeriggio ci rimettiamo in viaggio e percorriamo i serpeggianti tornanti che conducono nelle rare lande dell’altopiano di Campo Imperatore.

Ubicata a 1.800 metri s.l.m. la sconfinata area è di origine glaciale. Un’antica valle adagiata nel cuore del massiccio montuoso del Gran Sasso.

Percorriamo incantati il piccolo Tibet ed essendo un amante della guida, accompagno soddisfatto il volante attraverso la vastità di quell’altopiano.

A tratti, sembra di essere catapultati in uno scenario fantascientifico: Canyon, vette torreggianti, cinture di roccia e bestiame al pascolo ovunque.

In lontananza scorgiamo una grande pineta e decidiamo di raggiungerla. E dato che il mio mal di testa non da cenni positivi, optiamo per il distenderci sotto gli alberi, rilassarci e vedere se la situazione migliora.

Durante le ultime ore del giorno sono bollente e sento dolori come quelli della febbre forte, decidiamo così di raggiungere il nostro covo per la notte e preparare tutto il necessario. In particolare, materassini, sacchi a pelo e cena.

Il lago di Racollo e le rovine di Campo Imperatore

Il luogo preposto per trascorrere la notte è in una piccola e nascosta stradina attrezzata a Vado di Corno. Questa è sita in un valico a 1.924 metri s.l.m. da cui è possibile intraprendere dei trekking per il Monte Aquila, 2.494 metri s.l.m. e il Monte Brancastello, 2.385 metri s.l.m.

Inoltre, da questo punto è possibile anche raggiungere il Corno Grande, la cima regina degli Appennini. Ovviamente, avremo dormito in questo preciso punto proprio per poter scalare una di queste montagne, l’imponente Monte Aquila.

Il giorno successivo, a causa della mia condizione fisica, evitiamo di fare escursioni troppo complesse, così ci rechiamo nei pressi del Lago di Racollo, non molto distante da Vado di Corno, da cui si imbocca il sentiero che conduce alle rovine di una vecchia abbazia.

L’escursione seppur semplice e di facile percorrenza, ci conduce fino alla chiesetta con un caldo torrido estenuante. Per tutto il tragitto siamo esposti a un sole rovente che non aiuta in alcun modo il nostro andare.

Tuttavia, il luogo è silenzioso, mistico e ci ispira nelle conversazioni che variano tra avventure e libri letti.

Vado di Corno, Gran Sasso, Abruzzo
Vado di Corno, Campo Imperatore, valico per il Monte Aquila

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Santo Stefano di Sessanio

Nel pomeriggio, a bordo della nostra amata auto iniziamo ad affrontare le anguste curve che portano al borgo di Santo Stefano di Sessanio. Il paesino, abitato da poche anime, è adagiato tra le montagne del Parco Nazionale del Gran Sasso in Abruzzo.

La visita è piacevole e ci lascia affascinati. Attraversare quei silenziosi vicoletti e le antiche case di pietra incastonate tra le rocce della montagna è straordinario.

Sorseggiamo una tipica IPA abruzzese, siamo anche deliziati da un asinello che attraversa il borgo. Dopodiché, non vi è modo migliore di concludere la giornata se non tornando a Campo Imperatore per ammirare quelle remote distese senza confini.

Trascorriamo alcune ore esplorando le terre selvagge di quell’immenso altopiano, il piccolo Tibet, percorrendo quelle districate linee sinuose che creano scenari quasi surreali.

Da Campo Imperatore al Lago di Campotosto

Giunte le cinque del pomeriggio ci rechiamo nei pressi del vasto lago di Campotosto, un bacino d’acqua artificiale creato con lo scopo di immagazzinare l’acqua per possibili incendi nelle foreste dei parchi nazionali circostanti.

Caso vuole che dirigendoci verso il lago, scorgiamo immense colonne di fumo fuoriuscire dalle montagne verso L’Aquila, mentre diversi aerei si affrettano a sganciare migliaia di litri d’acqua sulle aree interessate dall’incendio.

Raggiungiamo lo specchio d’acqua e cerchiamo un’area attrezzata dove poter trascorrere la notte. Perlustriamo la zona e cominciamo a cercare la legna per accendere il fuoco per il barbecue.

Nel nostro termos abbiamo carne e formaggi acquistati in una vicina chianga locale e non vediamo l’ora di gustare tali pietanze accompagnate da due birre artigianali scure.

Nel boschetto prima del lago agganciamo su un robusto albero la nostra doccia portatile e possiamo finalmente godere di una rigenerante doccia nella natura.

Prima di andare a letto, ceniamo e riusciamo a respirare una pace assoluta. Quel silenzio ristoratore ci accompagna per tutta la durata della notte. Assistiamo al calare del sole e alle ultime luci del giorno.

Sfumature di una tonalità arancio scuro si fondono con quel blu profondo che annuncia l’avvento della notte. Una linea di demarcazione si fa più forte all’orizzonte, quasi a dimostrare l’immensità di quell’evento. Infine ci adagiamo sul nostro giaciglio e così, in un caldo abbraccio, cadiamo in un sonno profondo.

lago di campotosto, Parco Nazionale del Gran Sasso, Abruzzo, on the road

Viaggiare on the road non è solo una meravigliosa via per esplorare il mondo, ma anche una filosofia di vita, un modo di vivere a stretto contatto con la natura, più diretto e che lascia un’esperienza più vivida e reale del viaggio stesso.

Valle del Sagittario e Val Fondillo nel Parco Nazionale d’Abruzzo

Nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo sorge la valle del Sagittario e la Val Fondillo. Le ampie distese naturali si estendono tra borghi meravigliosi come Scanno, Villalago, Villetta Barrea, Opi e Pescasseroli. Un patrimonio storico e naturale situato ai piedi dell’Appennino centrale. Ecco un viaggio tra due delle vallate più affascinanti in Abruzzo.

La valle del Sagittario in Abruzzo

Quando si ha la possibilità di vivere per alcuni giorni lontano da qualsiasi distrazione o fonte di stress, credo non ci sia modo migliore che perdersi nella vastità della natura e delle sue meraviglie. Abbandonarsi a connessioni archetipiche, incise nel più profondo strato del nostro DNA.

D’altronde, per chi ama questo tipo di esperienze, sa bene di cosa parlo. E comprenderà anche il motivo per cui io e la mia compagna abbiamo scelto di lanciarci in un’esperienza on the road, proprio nelle terre selvagge d’Abruzzo.

Quel respirare appieno il sapore della vita, tangibile solo una volta immersi del tutto in quella che è la straordinaria creazione di madre natura.

Ed è così che ha inizio il nostro viaggio in Abruzzo e in Valle del Sagittario. Ha origine da un’irrefrenabile desiderio di vivere il silenzio e la purezza locale.

Un itinerario on the road che ha avuto come prima tappa l’incantevole Costa dei Trabocchi abruzzese, dalla ridente cittadina di Ortona fino al borgo panoramico di Vasto. E che in seguito ha visto l’esplorazione delle splendide terre selvagge del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Majella e il Gran Sasso.

Ma questa avventura riguarda la nobile terra della Valle del Sagittario, scolpita da monti, laghi e fiumi appenninici.

Valle del Sagittario, Scanno
Vista da Scanno, Valle del Sagittario, Abruzzo

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L’Eremo e il Lago di San Domenico

La prima meta designata di questo secondo itinerario è il Lago di San Domenico, anche noto come il lago di Villalago.

Nel bel mezzo della valle del Sagittario, uno specchio d’acqua dalle tonalità profonde e intense che ricordano quelle di uno smeraldo, rapisce per le sue fervide tonalità e per le sue sfumature: riflessi che dal blu tendono al verde.

Giungiamo nei pressi di Villalago in mattinata. Dal primo istante iniziamo a perlustrare il perimetro del bacino con sguardo attento, quasi come cacciatori di tesori, sicuri di ritrovare un antico gioiello nelle vicinanze.

Affascinati dalla sua limpidezza, immergiamo i piedi nell’acqua gelida. Un quadro pittoresco assai raro. Rilassiamo la mente e ammiriamo quel capolavoro naturale. Mentre il pensiero è cullato da uno scenario ammaliante.

Scattiamo alcune foto di quello che era in fin dei conti il nostro primo viaggio senza vincoli e barriere. Il tempo sembra fermarsi al cospetto di cotanta bellezza. È la mente stessa a immortalare il paesaggio che rimarrà impresso nelle infinite stanze della memoria.

Ogni passo richiama all’attenzione, come in una sorta di meditazione, e chissà che non sia proprio questo il motivo per cui San Domenico scelse Villalago per la sua vita, dedicata all’eremitaggio.

Lago San Domenico, lago di Villalago, Eremo di San Domenico
Lago di Villalago o San Domenico, Villalago, Abruzzo

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Lago di Scanno

Percorriamo i tipici sali-scendi montani della valle del Sagittario. Nella provincia de L’Aquila è sorprendente come ci si possa perdere con estrema facilità nella sconfinatezza delle sue vallate e nei suoi rigogliosi pendii.

I tornanti, scavati tra la roccia, agitano il nostro andare alla vista di enormi rocce sporgenti. Le pareti rocciose infatti sovrastano la carreggiata, prominenti e minacciose sono a guardia di un mondo senza tempo. Un lungo serpeggiare tra le pendici abruzzesi ci accompagna infine al meraviglioso lago di Scanno.

Al cospetto del lago montano, studiamo la sua forma a cuore. L’occhio perlustra le sue sponde in lungo e largo. Ma incuriositi dalle barche attraccate a riva, siamo spinti ad avvicinarci, un metodo per esplorare il lago nella sua interezza.

Saltiamo quindi a bordo della nostra modesta imbarcazione e sprezzanti del caldo torrido, iniziamo a solcare le acque di questo bacino. Il sole è ben alto nel cielo e a tratti sembra essere insostenibile.

Una folata d’aria ci ristora per un attimo. Sembra donarci come un alito di vita. In attesa di un altro respiro, restiamo immobili, disegnando un sorriso sul viso e sperando che un filo di vento torni a donarci un po’ di frescura.

Circumnavighiamo buona parte del lago e tornati al porto sicuro ci rifugiamo nella pineta. All’ombra di un bel pino, mandando giù un boccone, lasciamo che la magia del posto ci sorprenda e ci trasporti via con sé.

Valle del Sagittario, Lago di Scanno, Abruzzo
Lago di Scanno, Valle del Sagittario, Abruzzo

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Scanno e il lago di Barrea

Nel primo pomeriggio raggiungiamo il borgo medievale di Scanno, una località d’Abruzzo in provincia de L’Aquila. Il paesino è rinomato per le sue antiche viuzze e le sue case di pietra che torreggiano sulle vallate circostanti.

Passeggiare per le sue stradine è un’esperienza irreale. Gli angusti vicoli sembra no voler condurre verso l’ignoto. Intravediamo a intermittenza rilievi lussureggianti, illuminati da un rovente sole di luglio.

Più e più volte ci perdiamo nel piccolo comune d’Abruzzo e, anche dovuto al Covid-19, ci stupiamo del silenzio e della tranquillità che si respira nel centro storico.

Tutto tace, una quiete costante allieta quelle ore più calde della giornata e ci permette di esplorare il borgo in piena libertà e tranquillità.

In ogni stradina fantastichiamo su chi vivesse in questa o quell’altra casa, ci divertiamo a rievocare storie del passato e ne inventiamo di nuove.

Prima di rimetterci in marci ci concediamo anche un tipico parrozzo, un dolce tipico locale, accompagnato da un fresco succo di mela della zona.

Le luci del giorno intanto si facevano più accese, lasciando che le tonalità calde irradiassero l’orizzonte sempre più.

Se vogliamo assistere al tramonto, bisogna sfruttare l’occasione e recarci al lago di Barrea, in località Villetta Barrea.

Superiamo vie sterrate nei pressi dello specchio d’acqua per poi raggiungere la meta designata, lì dove alberi e lago sembrano danzare, creando un connubio naturale mistico e surreale.

Lago Barrea, Villetta Barrea, Valle del Sagittario, Abruzzo
Lago di Barrea, Valle del Sagittario, Abruzzo

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Forca d’Acero: notte sotto le stelle

Assistiamo ad uno splendido tramonto e poco prima che le ultime luci cedessero il posto alla notte, a bordo della nostra Ford ci dirigiamo verso la Val Fondillo. Più in particolare, in un valico stradale dell’Appennino abruzzese: Forca d’Acero, a circa 1.500 metri s.l.m.

È proprio questo il punto prescelto per trascorrere la notte. In meno di quarantacinque minuti imbocchiamo la suddetta strada e la percorriamo fino a raggiungere una piazzola attrezzata. Qui accostiamo e iniziamo a preparare il nostro giaciglio.

Mangiamo del couscous dal nostro termos in compagnia di due birre artigianali gentilmente offerteci dal padre della mia compagna.

L’oscurità ora inizia a prevalere sullo sfondo. La penombra avvolge gli ultimi bagliori di un rosso acceso che va via via affievolendosi per poi infine scomparire dietro le scure sagome dei rilievi dinanzi a noi.

Brindiamo alla sopraggiunta notte sorseggiando Genziana, liquore tipico dell’Appennino abruzzese. Intanto scrutiamo il cielo, in attesa che le stelle facciano capolino.

Nel silenzio più assoluto, piccole luci ad intermittenza cominciano a volteggiare nella penombra. Sono le lucciole che si rincorrono su un palcoscenico infinito.

Ad un certo punto, anche una piccola volpe fa un salto a salutarci, si avvicina incurante, forse abituata alla presenza di persone, in cerca di cibo. Finalmente, il nostro sguardo si posa sulle più disparate costellazioni e lasciamo che i nostri occhi si perdano in quell’incantesimo unico.

forca d'acero, Abruzzo

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La Val Fondillo, il Camping e la Chianga

Al mattino, sono le chiare luci dell’aurora, meravigliosa e divina, a svegliarci. Una colazione all’aperto mentre si ammirano le montagne illuminate dal sole non ha prezzo. Ed è così che diamo inizio alla nostra giornata.

A bordo della nostra auto poi ci dirigiamo verso il Camping in cui soggiorneremo per due notti. Intorno alle sette e mezza di mattina raggiungiamo Il Vecchio Mulino, lo storico campeggio nei pressi della Val Fondillo. Qui montiamo la tenda, prepariamo gli zaini da montagna e diamo il via alla prima vera escursione di questo viaggio on the road.

Intraprendiamo il sentiero che conduce alla grotta delle fate e con passo agile percorriamo uno degli itinerari più agevoli della Val Fondillo. Infatti, in circa due ore raggiungiamo l’ambita cavità nella roccia.

Nella via del ritorno, deviamo dal sentiero principale e cerchiamo di raggiungere il fiume. In questo modo ci ritroviamo in un luogo incantato immerso nel verde:

un corso d’acqua limpida scorre tra le rocce. Gli alberi e il muschio sono disseminati a macchia di leopardo e lì vicino creano uno scenario fiabesco che ricorda quello delle foreste irlandesi nelle fiabe.

A fine escursione, nel pomeriggio ci rechiamo nella vicina località di Pescasseroli, un suggestivo borgo nel cuore dell’Abruzzo. Qui, dopo aver visitato il paesino, ci affrettiamo a comprare la cena per la sera in un alimentare davvero unico: la Chianga.

Prendiamo un vino rosso della zona, il Noemo, i classici arrosticini di pecora abruzzesi e delle salsicce. Ora sì che siamo pronti per una grigliata e per celebrare il momento di libertà di questo straordinario viaggio.

Camping Vecchio Mulino, Val Fondillo, Abruzzo
Camping Vecchio Mulino, Val Fondillo, Abruzzo

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Cascate delle ninfee: direzione sbagliata

Dopo aver trascorso una notte indimenticabile nella natura, in tenda e in compagnia del buon cibo locale, siamo pronti per una nuova avventura all’insegna dell’esplorazione.

Tra le varie possibilità a nostra disposizione, risalta all’occhio il nome della cascata delle ninfee. Tentiamo di raggiungere l’imbocco del sentiero con la nostra auto e, convinti che Google Maps ci stesse portando nella località giusta, procediamo rilassati e contenti per la nuova giornata di trekking che ci stava per aspettare.

Nel parcheggio indicato dalla mappa, lasciamo l’auto e ci incamminiamo su per la prima salita con una pendenza da capogiro. Andiamo avanti per circa mezz’ora e alle prime segnaletiche di percorso comprendiamo che il sentiero in cui ci siamo immessi non conduce alle cascate, ma procede tra la vegetazione per alcune ore fino ad un altro monte.

A questa notizia, sorridiamo, scattiamo alcune foto con il panorama alle nostre spalle e continuiamo per circa un’ora la nostra escursione tra la meravigliosa natura di quella zona d’Abruzzo.

escursione Val Fondillo Abruzzo

In fin dei conti, non c’è modo migliore di vivere queste esperienze se non entrando totalmente a contatto con queste realtà antiche sopravvissute all’azione perpetua del tempo.

Nella tappa conclusiva del nostro viaggio, scopriremo le terre del Parco Nazionale del Gran Sasso d’Abruzzo.

Cartagena Spagna spiagge: le 5 da non perdere a Murcia

Le spiagge di Cartagena, in Spagna, sono note per la loro sabbia di colore scuro e per il mare cristallino. In buona parte queste sorgono in aree protette come la Reserva Marina Cabo de Palos Islas Hormigas o il Parque Natural de Calblanque.

Ma cerchiamo di avere un quadro completo su Cartagena, Spagna e le sue spiagge.

Cartagena Spagna spiagge

La provincia autonoma di Murcia brulica di calette e insenature da sogno. Le acque color turchese sono l’habitat ideale per una gran varietà di fauna marina. Ciò infatti le rende ideali per fare snorkeling o immersioni subacquee.

In genere, a soli 40 chilometri da Murcia o appena 15 da Cartagena, spiagge paradisiache si susseguono tra un promontorio e l’altro. E oggi vogliamo svelarvene almeno 5. Per lo più distribuite sulla penisola di Cabo de Palos.

Indice

  • Riserva Marina Cabo de Palos – Isla Hormigas
  • Parque Natural de Calblanque
  • Cala del barco – Cala beach club La Manga
  • Cala Reona
  • Playa el Portus
Cartagena Spagna spiagge: Faro di Cabo de Palos - Reserva Marina de Cabo de Palos y Isla Hormigas
Faro di Cabo de Palos – Reserva Marina de Cabo de Palos y Isla Hormigas

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Riserva Marina Cabo de Palos – Isla Hormigas

In particolare, in una modesta penisola nella Manga del Mar menor, è Cabo de Palos uno dei punti più panoramici con un mare limpido che è dimora di:

  • aquile di mare
  • scorfani
  • cernie
  • polpi
  • barracuda
  • pesci luna
  • anemoni

La posidonia invece le fa da padrona. L’alga è presente pressoché ovunque. I fondali marini del mediterraneo si alternano infatti a rocce e coralli. Proprio così, la Riserva Marina ospita alcune varietà di coralli tutelati e protetti. Ma non è tutto.

Ai piedi del faro di Cabo de Palos vi è una caletta accessibile a piedi. Dal balcone panoramico in alto si può già ammirare in tutto il suo splendore. Tonalità di verde smeraldo risplendono al sole e lo scintillio del mare svela uno scenario quasi unico in tutto il Mediterraneo.

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Cartagena Spagna spiagge: Cala Fría

Circondata da un anfiteatro roccioso, Cala Fría è una spiaggia prediletta per le immersioni. Il fondale pullula di posidonia e rocce che appartengono al promontorio di Cabo de Palos. Quest’ultimo infatti è connesso a Isla Hormigas che non è altro che l’ultima parte emersa dello stesso.

Ubicata in una Riserva Marina, la caletta consente di perlustrare e ammirare decine e decine di specie marine con maschera e boccaglio. E semmai anche con un bel paio di pinne per essere al completo.

Oppure, per gli appassionati, è possibile lanciarsi all’avventura nei fondali più a largo con l’attrezzatura adatta. Qui è facile imbattersi in aquile marine, murene e pesci di origine tropicale.

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Parque Natural de Calblanque

Un vero gioiello della Spagna è il Parque Natural de Calblanque. Sito a pochi chilometri dal centro di Cartagena, l’area protetta è regolamentata e prevede un accesso a veicoli a motore limitato.

Il modo migliore per raggiungere le sue spiagge è con le navette messe a disposizione dalla Comunitat Autonoma de Murcia. Con un costo contenuto è possibile lasciare l’auto in un parcheggio adibito e procedere in autobus per circa 10 minuti.

Ed è qui, mentre si attraversano i primi metri di Parco Naturale che si iniziano a scorgere i tratti peculiari del paesaggio.

Locato tra Cabo de Palos e Portmán, Calblanque stupisce con i suoi scenari semi desertici costellati da arbusti e cespugli, pini di Aleppo, dune e distese di sabbia. E per concludere, numerose cale e un mare da invidia.

mapa cartagena spagna spiagge parque natural calblanque

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Cartagena Spagna spiagge: Cala Larga

Le spiaggette da poter visitare nel Parco Naturale sono diverse. Le più note sono:

  • Playa Negreta
  • Punta Negreta
  • Cala Larga
  • Playa de las cañas
  • Playa de Calblanque
  • Punta Negra
  • Cala del Barco

In particolare, la Cala Larga è la spiaggia più lunga e consente di nuotare anche senza scarpe da scoglio. Qui è chiaro che lo snorkeling non è così coinvolgente come nella Riserva Marina. Ma ad ogni modo, sa regalare le sue soddisfazioni.

Presentando un fondale in prevalenza sabbioso, è facile, nuotando verso le boe, imbattersi in aquile di mare e pesci di ogni genere. Inoltre, tra una cala e l’altra la distanza è breve. Pertanto, raggiungere Playa Negreta e Punta Negreta sarà possibile anche percorrendo le spiaggette e aggirando gli scoglietti in acqua.

Sentiero nel Parco Naturale di Calblanque – Cala Larga – Playa Negreta

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Cala del Barco, Atamaria, Beach Club La Manga

All’interno del Parco Naturale di Calblanque è anche possibile guidare fino al Beach Club La Manga. La zona in questione è tra le più esclusive di Cartagena, Spagna e le sue spiagge silenziose e curate.

Per accedere a quest’oasi paradisiaca bisogna entrare nella zona residenziale de La Manga. L’area è monitorata ed è accessibile da un unico punto sorvegliato da una guardia. Ma non bisogna preoccuparsi, le sbarre si alzeranno. Basta solo dire che la meta da raggiungere è Cala del Barco.

Per giungere alla spiaggia, si costeggia la costa sul promontorio e con dei tornanti si scende verso il basso. Il panorama dall’alto è impagabile. Al mattino il silenzio domina. In pochi approfittano delle ore più fresche per godere di quella pace.

La cala nelle ore più calde si riempie, non diversamente da altre spiaggette del Parco Naturale. Ma piena o vuota che sia, regala momenti indimenticabili, soprattutto sott’acqua, dove pesci di varie specie sgattaiolano via da rocce, scogli e posidonie.

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Cala del barco – Promontorio nel Parque Natural de Calblanque

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Cala Reona, spiagge di Cartagena

Situata a Sud della penisola di Cabo de Palos, la Cala reona appartiene all’area protetta della Riserva Marina. I fondali della zona formano una delle riserve più importanti del mar Mediterraneo.

Sita al confine con il Parque Natural de Calblanque, Monte de las Cenizas y Peña del aguila, è la meta regina per chi intende effettuare trekking ed escursioni nella penisola.

La costa Cálida, così è denominato questo litorale di Cartagena, ospita spiagge di sabbia dorata e acque chiare e trasparenti.

Circondata da numerose montagnelle, in molti si cimentano in escursioni, scalando le modeste cime da cui si aprono ampi panorami.

Ma Cala Reona è anche un angolo di pace. Sovrastato da colline rocciose, la spiaggietta è protetta da piccoli promontori che le consentono di restare nascosta e incontaminata.

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Cala Reona – Cabo de Palos, Cartagena, Murcia

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Playa El Portus, Cartagena Spagna

Spostandosi verso Sud invece Cartagena ospita un’altra meraviglia: Playa el Portus. Si accede in auto anche se il parcheggio è piccolo quindi conviene arrivare presto. Senza dimenticare che il presto in Spagna è differente da quello in Italia.

Chiaro è che al mattino si vive una maggiore tranquillità ed è possibile sdraiarsi nei pressi di una grotta. Se come nel nostro caso la spiaggia era ancora vuota, si può prendere il sole e nuotare in pieno relax con un posto privilegiato discostato dalla spiaggia principale.

Inoltre, qui l’acqua è tra le più cristalline di Cartagena Spagna dopo la Reserva Marina de Cabo de Palos. Lo snorkeling è caldamente consigliato e al suo interno si possono avvistare murene, aquile di mare, scorfani e pesci di origine tropicale dalle tonalità azzurre, verdi e gialle.

Tra tutte le spiagge di Cartagena visitate, questa è stata la nostra preferita. Ciò sia per la spiaggia sia per il colore dell’acqua. Ma anche per la varietà di pesci presenti già a riva e per il numero di persone inferiore alla media.

Cartagena Spagna spiagge Playa El Portus

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