L’ultima esperienza in tenda qualche giorno prima che la situazione pandemica ci costringesse ad un nuovo riposo forzato. L’alta pressione regalava condizioni fin troppo generose e così decidemmo di bivaccare sulla cima più alta della catena Sirente-Velino, a confine con il Lazio

Autore: Danilo D’Onofrio

C’è un aspetto della mia personalità che forse andrebbe analizzato da uno specialista. Ho la spiccata tendenza nell’evitare “pareti” e non parlo di quelle d’arrampicata. Non mi sono mai perfezionato in quella tecnica, non perché non mi piacesse ma per sfruttare il tempo che avevo a disposizione con quello che più amo: l’escursionismo. Intendo pareti in muratura o pareti di un rifugio per esempio; idem una vacanza in B&B o peggio ancora Hotel. Volevo comunque introdurre il discorso rivolto alla mia attività in montagna e alle modalità di ricovero di cui essa dispone.  

Le nostre montagne non sono molto attrezzate di rifugi; pochissimi sono gestiti e tanti altri adibiti a ricoveri e bivacchi, spesso spartani e lasciati all’incuria di chi li utilizza. È uno spettacolo a cui ho assistito tante volte in passato e che ora evito in tutti i modi. Per questo ho trovato un modo assolutamente autonomo per ovviare al problema, senza contare il grosso vantaggio, e fattore molto importante per me, di scegliere il sito dove passare la notte anche quando quel posto non è provvisto di strutture.

D’estate e se son da solo adoro bivaccare sotto le stelle, magari sfruttando la conformazione del territorio: un riparo naturale o una radura tra la vegetazione. Ciò a cui do la massima importanza e priorità è che il sito sia assolutamente panoramico, possibilmente che da esso possa gustarmi alba, tramonto e stelle. La tendaè diventata il mio rifugio personale, la casetta che mi porto dietro e che concede tanti comfort in più, anche se il comfort viene pagato col maggior peso dello zaino.

La tenda mi ha permesso di fare esperienze anche invernali, di provare l’ebbrezza delle temperature rigide, di accogliere i miei figli nelle loro prime esperienze in montagna, di fare lunghi trekking, essere indipendente e sentire quella libertà che desidero vivere nell’ambiente che amo, sempre nel rispetto della natura.

Abruzzo, escursione monte Velino

Voglio raccontare dell’ultima esperienza in tenda, proprio qualche giorno prima che la situazione pandemica ci costringesse ad un nuovo riposo forzato. Nei giorni 7 e 8 novembre del 2020 l’alta pressione regalava condizioni fin troppo generose per quelle date, anche nelle temperature.

L’amico di tante avventure era libero e, appena gli proposi una di quelle esperienze che tanto piacevano anche a lui, prontamente spolverò oggetti ormai quasi in disuso: lo zaino grande delle grandi occasioni, fornellino, lampada e una parte del menù che avevamo pensato per allietare la lunga nottata. Oltretutto lui non era mai stato sul Monte Velino, non aveva mai percorso quel tragitto che avevo pensato di fare, conosceva poco o niente di quel fantastico gruppo montuoso ai confini con il Lazio. Ma ricordava i miei entusiastici racconti nelle tante volte che ne percorsi i vari versanti e delle notti in tenda che già vi trascorsi.

Proprio nelle diverse uscite che mi portarono in passato su quella montagna, memorizzai mentalmente un posticino su cui piazzare la mia tendina e trascorrervi una notte, realizzando che da quel posto avrei potuto godere del tramonto e della successiva alba senza che niente potesse ostacolarne la visuale.

Pensai a quel percorso già fatto altre volte negli anni e che tanto mi piaceva; era una lunga cresta e, come tutti i percorsi in cresta, era molto panoramico, comodo come tipologia di terreno e, non per ultimo, con un approvvigionamento di acqua a quota 2000 metri che evitava di caricarci ulteriormente. Il dislivello non sarebbe stato indifferente e la via del ritorno prevista avrebbe chiuso un circuito che ci avrebbe condotti al punto di partenza da un altro sentiero. Questo era il piano che proposi al mio amico e che fu accettato con entusiasmo, anche se con un po’ di scetticismo.

Monte Velino, Abruzzo

Parcheggiai la mia auto nei pressi della Chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, nota chiesa di stile Romanico del XI secolo di origine benedettina nei pressi del paese di Rosciolo, proprio ai piedi del Velino, ad una quota di circa 1000 metri. Non ricordo con precisione, ma credo che verso le 9:30 – 10 di quel mattino iniziammo la nostra avventura, ancora una volta insieme, io ed Edmondo, come tante volte nel passato. Insieme abbiamo condiviso una delle esperienze più belle che abbia mai fatto, il GR20in Corsicatanti anni prima, così tanti che pare in un’altra vita: era il 2007!

Entrò in scena quel masochismo che ci contraddistingue, l’atto del caricarsi lo zaino addosso, uno zaino senz’altro di un peso eccessivo, oltre il bisogno effettivo. Ma siamo fatti così: che nulla ci manchi, che il giusto e meritato riposo che verrà sia provvisto di ogni bene possibile. Quasi scomparsi sotto il pesante ed ingombrante fardello, ci incamminammo lungo la mulattiera che dopo breve ci avrebbe portati sul sentiero da seguire per il resto della giornata.

Dopo circa un’ora raggiungemmo quella crestache non avremmo più abbandonato; lo spettacolo era già immenso, quasi tutta la piana del Fucino era ancora leggermente ovattata dalle nebbie di stagione, i monti verso il Laziosullo sfondo, più a sud le ultime propaggini del Parco Nazionale, i Monti Reatini verso nord, la Val di Teve che dai nostri piedi sprofondava in scure pareti mai battute dal sole. Di fronte, al di là della valle stessa, la cresta di Murolungo che io ed Edmondo percorremmo appena una decina di giorni prima, in un lungo giro in giornata in cui toccammo le cime attorno al lago della Duchessa.

La temperatura era più alta del previsto, ma comunque gradevole e sopportabile; il tempo non ci mancava e potevamo procedere con la calma che i pesanti zaini ci imponevano. La giornata era perfetta sotto tutti i punti di vista, anche il cielo non perfettamente pulito era il meglio che un fotografo dilettante potesse chiedere, affinché le foto dessero giusto risalto alla cornice.

Catena Sirente-Velino, abruzzo, escursione monte velino

Dall’alto della cresta, tra gli ultimi alberi più in basso, scorgemmo dei cervi che lentamente si allontanavano. Ma l’apparizione che aspettavo come fosse ormai un appuntamento fisso era quella del volo dei grifoni, sempre presenti e sempre numerosi su quella montagna, con le loro importanti dimensioni che, frapponendosi tra cielo e terra, creavano ombre mobili sul terreno, come fossero enormi aquiloni. 

Questi enormi rapaci non sono diffidenti come le aquile e hanno abitudini completamente diverse da esse. È facile osservarli da vicinissimo; spesso accade che risalgono le vallate e di colpo li si ritrova ad un palmo dal naso, tanto da distinguere benissimo ogni particolare e poterli immortalare in un primo piano. Pattugliano continuamente il vasto territorio in cerca di animali morti, per cui non predano ma si nutrono esclusivamente di animali da pascolo o selvatici che muoiono per cause naturali o accidentali.

Il mio amico era estasiato ed io provavo orgoglio nel vederlo completamente assorto, spensierato ed entusiasta. La sua soddisfazione era la mia! La fatica ed ogni altro fastidio passavano in secondo piano, si procedeva con estrema calma, tante brevi soste, chiacchiere o silenzio contemplativo. Lasciammo il filo di cresta che portava su Monte Rozzaper proseguire sul suo fianco, dove avremmo incontrato la fontana di Sevice per darci una rinfrescata e fare scorta di acqua. Altri cervi scorrazzavano in basso alla nostra destra attraversando il Vallone di Sevice, spaventati da escursionisti che salivano e scendevano da quel versante. Alla fontana incontrammo i primi escursionisti della giornata che però erano già sulla via del ritorno; dagli zaini essi capirono che la nostra invece sarebbe stata un’andata con sosta notturna.

Proseguimmo, ormai eravamo a buon punto avendo superato il dislivello maggiore. Arrivammo alla Capanna di Sevice a quota 2100 metri circa, un bel rifugio in una posizione fantastica, ai bordi di un valloncello erboso da cui era già possibile ubriacarsi di paesaggi. C’erano ancora macchie di neve caduta qualche settimana prima che creavano un contrasto perfetto col verde dell’erba, l’azzurro del cielo, il grigio delle vette e il marrone bruciato delle faggete nelle vallate. Tutto quello spettacolo di tonalità contrastanti era reso ancora più pittoresco dal sole che iniziava la sua veloce corsa verso l’orizzonte ad ovest.

Abruzzo, Monte Velino

Camminammo sul bordo del Piano dei Cavallie ci affacciammo sui ripidi pendii che scivolavano vertiginosi verso la sottostante Valle di Teve. Aggirando la Piana, iniziava una leggera ed ultima salita che portava verso la cima del Sevicee che sulla sinistra proseguiva verso Monte Costognillo ed infine Monte Velino. Accelerammo il passo per quanto le energie potessero permetterlo poiché volevamo trovare una sistemazione e prepararci per la lunga notte sfruttando la temperatura ancora piacevole e gli ultimi raggi di sole.

Nel prossimo articolo non perdete la notte sotto le stelle ai piedi del Monte Velino.
Raianaraya Nature Experience

Autore

Danilo D’Onofrio

Escursionista, amante della natura e dell’avventura. Le montagne abruzzesi sono la sua seconda casa e il suo motto preferito è “Perdersi per riuscire a trovare la giusta via”.

1 commento su “Escursione sul Monte Velino”

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