Al confine tra Abruzzo, Umbria e Marche, si innalza la meravigliosa catena dei Sibillini. In questo articolo vi racconteremo di una incredibile escursione ad anello sul Monte Vettore, la cima più alta del gruppo montuoso.

Autore: Danilo D’Onofrio

Dal balcone di casa mia, osservando verso nord, si scorge in primo piano il Monte Camiciae tutta la dorsale che degrada verso Popoli, dietro e alla sua destra buona parte della Laga, poi una zona pedemontana che scompare alla vista ma che conosco molto bene: la Valle Castellana, che separa ed unisce la Catena della Laga ai Monti Gemelli. Quella finestra tra Laga e Gemelli rappresentata da Valle Castellana è un corridoio visivo che permette di vedere, nelle giornate migliori, ancora più lontano, la catena dei Sibillini e precisamente la cima più alta in primo piano, il Monte Vettore

È stato amore a prima vista…direi ai primi passi! 

In avanscoperta sui Monti Sibillini

La primissima volta ero da solo, circa 16 anni fa e desideravo compiere quel sentiero lungo e faticoso, con tanto dislivello, molto gettonato e altrettanto pittoresco: toccare la cima di Monte Vettore partendo da Foce di Montemonaco e percorrendo quindi tutta la valle, passando dal Lago di Pilato; un totale di circa 1500 metri di dislivello. Era luglio e c’erano ancora estese macchie di neve a testimonianza di un inverno ricco di perturbazioni nevose.

Dopo qualche anno vi tornai per scoprirla meglio, studiai i percorsi sulle guide, la morfologia del territorio ma anche quella parte che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda l’aspetto culturale: sapere dei paesi e della gente, delle tradizioni e dei costumi. Infatti, il Gruppo dei Sibillini comprende diverse province e due regioni: Marche ed Umbria ed è separata dall’Abruzzo soltanto da una valle, quella del Tronto, che in quel punto è quasi un tutt’uno. Arquata del Tronto è chiamato infatti il paese dei due parchi: quello del Gran Sasso-Laga e quello dei Monti Sibillini.

Da quella prima esperienza, ogni volta che son tornato, da qualsiasi versante e in qualunque stagione, ho alimentato la voglia per ogni volta successiva. Sempre uno spettacolo: diversità paesaggistica, zone battute e altre deserte, la piana di Castelluccio, i numerosi borghi medioevali, le sorgenti del Nera, pastorie relative greggi che su questa montagna occupano ancora i pascoli sommitali, attività che sulla Majellaè scomparsa da tempo.

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Alla ricerca di nuove escursioni

Ero così curioso ed interessato ai Sibilliniche un anno, durante le mie ferie estive, decisi di trascorrervi una settimana con la mia famiglia. Ogni giorno un’escursione diversa ed è stata l’occasione propizia per farmi un quadro abbastanza completo di tutto il gruppo, in modo da localizzare ed imprimere nella mente quelle escursioni che avrebbero richiesto un maggior impegno, occasione ottima per tornare e tornare ancora.

Al tutto si è unita anche la conoscenza di gente meravigliosa. Caso ha voluto che conoscessi una coppia e che questo sodalizio durasse tutti questi anni. Stefania e Massimo ci hanno aperto la porta di casa e quella del loro cuore; lei appassionata e brava fotografa, lui guardiaparco attento e scrupoloso, sempre impegnato nel monitoraggio della fauna e nella tutela di quell’ambiente meraviglioso. Purtroppo, nel 2016 la loro zona in particolare è stata duramente colpita dal sisma, hanno perso le attività di B&B e tanto altro; ma piano piano si ricomincia!

Ad oggi posso dire di aver percorso un buon numero di sentieri e toccato quasi tutte le cime di questo stupendo gruppo montuoso; spero quanto prima di aggiungere qualche curva con gli sci, poiché i Sibillini offrono allo scialpinista una gran varietà di discese per tutte le difficoltà.

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Trekking sul Monte Vettore

Tra le tante escursioni effettuate in questo decennio, ne vorrei riportare una compiuta lo scorso anno, la più completa e tra le più lunghe compiute dal sottoscritto. Alle quattro di un mattino di luglio ero a Forca di Presta con un’amica, scendevo dall’auto e l’aria particolarmente fresca si scontrava col tepore dell’abitacolo.

Muoviamo i primi passi nell’oscurità con l’ausilio della lampada frontale. Il sentiero arranca subito, i muscoli ancora intorpiditi ne avvertono la pendenza, il respiro si accorda col tutto, le stelle ci guardano e i nostri occhi cominciano ad abituarsi a quella flebile luce. Spesso facciamo a meno della frontale per meglio gustare l’atmosfera e godere quel silenzio rotto soltanto dal nostro respiro e dal rumore dei sassi che lasciamo rotolare.

Ascoltiamo il sibilo del vento che più in alto imperversa abbastanza teso, almeno questa è la sensazione, e verso est il cielo inizia lentamente a schiarirsi, dal lato ancora coperto alla nostra vista dalla mole stessa del Vettore. L’idea che avevo era proprio quella di avviarci presto per poter meravigliarci dell’alba dalla cima del Vettore stesso o comunque dalla cresta sommitale.

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Quella sensazione di forte vento ci investì in tutta la sua realtà una volta arrivati a Forca delle Ciaule e al vicino rifugio Zilioli. Approfittammo delle sue mura esterne per ripararci mentre vestivamo qualcosa di più appropriato. Quel vento di tramontana mal si sposava con il calendario: era luglio e mai avrei pensato di dover vestire guanti, cappello e giacca a vento con cappuccio! Chi vive di queste passioni ne accetta ogni suo aspetto, compresi quelli più scomodi. L’aspetto positivo del tutto era che quel vento teso da nord spazzava ogni traccia di foschia e lo spettacolo sarebbe stato a dir poco grandioso.

Nei pressi del rifugio stazionava altra gente salita la sera prima o durante la notte proprio per assistere all’alba sul mare, tutti imbacuccati e visibilmente infreddoliti ma soddisfatti. Proseguimmo sul largo crinale che portava in cima. L’orizzonte assumeva mille tonalità e pian piano ci si abituava a quella condizione quasi invernale, distratti dallo spettacolo che ci si presentava.

L’enorme croce di vetta si stagliava sullo sfondo di un cielo sempre più azzurro e giù verso il mare il sole nascente dava contrasto con quelle tonalità di rosso non tipiche per quella stagione e che mi ricordavano invece l’alba d’inverno da qualche parte sulle nostre montagne, con neve e freddo pungente. Ricordo bene quei momenti e le foto ne danno conferma; guanti infilati, naso gocciolante e lacrime agli occhi, qualche faticoso scatto e giù via indietro per tornare sui nostri passi.

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La magia del mattino sui Sibillini

L’idea del percorso era la seguente: la prima parte già descritta, che da Forca di Presta, per la via più classica e battuta del gruppo, portava sulla sua cima più alta dei Sibillini. Bisognava poi tornare indietro per quel breve tratto fino a Forca delle Ciaule e proseguire sempre sulla cresta per raggiungere le cime successive: Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore, Pizzo del Diavolo e Cima dell’Osservatorio. Saremmo poi scesi fino a Forca Viola, prendendo il sentiero per risalire al Lago di Pilato e tornando a chiudere il giro sulle Ciaulee quindi giù a Forca di Presta.

Il sole si alzava rapidamente ma il vento era ancora teso e salire su quel tratto di cresta ripido, esposto e abbastanza rovinato, richiedeva particolare attenzione. Quel tratto già percorso qualche anno prima, permetteva di raggiungere uno dei punti più panoramici della zona: il filo di cresta cominciava a piegare verso nord permettendo di ammirare il lago di Pilato da una parte e tutta la Piana di Castelluccio dall’altra. Era luglio e il tripudio di colorinotoriamente famoso della zona era nella sua massima espressione.

Dall’alto della nostra postazione si aveva la sensazione che tanti secchi di vernice di diversi colori si fossero rovesciati su tutta la piana o che qualche bizzarro artista Naif si fosse divertito della sua stravaganza. Dall’altra parte invece, una stagione magra di precipitazioni, aveva ridotto le due pozze del Lago di Pilatoa due tristi ma pittoreschi lacrimoni, dove le creste tutto intorno si specchiavano.

Un buon numero di escursionisti pullulava sulle sue sponde; dall’alto parevano formiche di tanti colori, le creste intorno si animavano di gente come noi. Abbiamo anche assistito attoniti al passaggio di un ragazzo con tanto di radio ad alto volume. La magia del mattino era svanita, pian piano il vento freddo perdeva vigore e il sole ci scaldava le membra, il panorama grandioso.

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La Valle del Lago di Pilato

Il quel susseguirsi quasi rettilineo di cime, soltanto una di esse era raggiungibile lasciando brevemente quella linea per ritrovarsi a ridosso del lago sottostante: Pizzo del Diavolo. Una sottile ed affilata cresta portava al suo vertice, una sorta di podio centrale su tutta quella parte dei Sibillini.

Tornammo rapidamente sulla cresta originale per iniziare la lenta e lunga discesa verso Forca Viola, un valico dove convergevano sentieri dai quattro venti: uno da Castelluccio, un sentiero che proseguiva verso Monte Argentella e tante altre cime di quel versante ed il nostro che portava verso la Valle del Lago di Pilato.

Un lungo e spettacolare traverso, quasi privo di pendenza, portava sulle esigue sponde del Lago e in quel momento ho immaginato di unirmi a quelle formiche colorate che vedevo ore prima dall’alto. All’inverso, volgendo lo sguardo sulle creste tutte intorno, visione a dir poco spettacolare, scorgevo file di “insetti” da tutte le parti; quelle montagne richiamavano a ragione un gran numero di fan!

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Il Vettore delle Emozioni

Ora non restava che riprendere il tratto di salita che riportava alla Forca delle Ciaule, mentre nuvole basse e cariche di umidità si addensavano proprio in quel tratto, avvolgendoci fastidiose. Dovevamo soltanto seguire la segnaletica in quel tratto ormai privo di visibilità e seguire il vociare di altra gente che ci avrebbe condotti al Rifugio Zilioli e di lì al tratto di discesa finale che avevamo percorso circa 10 ore prima.

Come spesso in quel frangente, mi ero isolato nei miei pensieri, sulle riflessioni. Ripercorrevo la giornata ed ero entusiasta che la mia idea era coincisa perfettamente col risultato finale; potevo esserne soddisfatto. Durante tutta la giornata, in alto su quelle creste, il mio sguardo scrutava alla ricerca di ispirazione per altri lunghi giri. Dove non arrivava lo sguardo, entrava in funzione la memoria o il desiderio di altre escursioni di quella portata sulla personale lista dei desideri. 

Sorridevo al pensiero che, se un giorno avessi scritto di queste giornate, questa in particolare l’avrei intitolata “Il Vettore delle emozioni”.
Raianaraya Nature Experience

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Autore

Danilo D’Onofrio

Escursionista, amante della natura e dell’avventura. Le montagne abruzzesi sono la sua seconda casa e il suo motto preferito è “Perdersi per riuscire a trovare la giusta via”.

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