Trekking Val Rosandra – sentiero dell’amicizia e CAI 1

Trekking in Val Rosandra lungo il sentiero dell’amicizia e il CAI 1. Un viaggio nella natura di Trieste al confine con la Slovenia esplorando le località montane del Carso

Autore: Raianaraya Nature Experience

La Riserva Naturale della Val Rosandra-Dolina Glinščice è adagiata in Friuli Venezia Giulia, a pochi chilometri da Trieste e a confine con la Slovenia. Qui si elevano il monte Carso e l’altopiano di San Servolo, ossia i maggiori rilievi di origine carsica del comprensorio. Inoltre, tra i dolci pendii si snodano diversi trekking in Val Rosandra come il sentiero CAI 1 e il sentiero dell’amicizia.

La valle ospita scenari naturalistici tutti da vivere nei numerosi trekking della Val Rosandra. La nostra esperienza è avvenuta lungo il sentiero CAI 1, che si interseca con il noto sentiero dell’amicizia. Entrambi percorsi escursionistici adatti a chiunque che conducono nella natura selvaggia a pochi passi da Trieste.

Il paesaggio carsico della Riserva Naturale ospita una flora e una fauna variegata. Difatti, nonostante le modeste dimensioni, la natura selvaggia domina incontrastata. Qui vegetazione e fauna coesistono in estrema simbiosi. Il torrente Rosandra scorre placido e con la cascata e le sorgenti stagionali delineano un quadro suggestivo.

Inoltre, le querce secolari immerse nei boschi di conifere si alternano a ghiaioni di origine detritica scolpendo i sentieri che si insediano nella valle. Questo è il sentiero dell’amicizia e in generale, quel che si può ammirare in un trekking in Val Rosandra. Ecco la nostra esperienza.

panorama dalla vedetta di moccò, val rosandra

Il Rifugio Mario Premuda

Il nostro trekking in Val Rosandra inizia in località Dolina, nei pressi del rifugio Mario Premuda. Quest’ultimo è anche il rifugio montano più basso d’Italia a soli 70 metri s.l.m. Parcheggiando l’auto nel piazzale di fronte al rifugio imbocchiamo il sentiero CAI 1 in direzione Vedetta di Moccò.

Subito attraversiamo un ponte in legno e ci immergiamo nel bosco. Seguiamo il sentiero fino a raggiungere un rivolo d’acqua dove ci imbattiamo stupiti nella pittoresca danza di alcune delle creature più affascinanti del parco: le damigelle blu.

In prossimità di corsi d’acqua immersi nella vegetazione, può capitare di imbattersi in questi insetti svolazzanti. Le damigelle appartengono allo stesso ordine degli odonati, ossia alla stessa famiglia delle libellule. Eppure, esse sono più antiche e le loro prime tracce fossili risalgono a milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri.

Solo sull’ itinerario della ciclopista del Brenta era capitato di avvistarle prima. Esseri graziosi e leggeri che volteggiando in aria danno vita ad uno spettacolo incantevole. Le osserviamo posarsi da una foglia all’altra e riprendiamo la nostra strada.

trekking val rosandra, damigella blu insetto

Vedetta di Moccò: trekking Val Rosandra

Dalla fonte d’acqua incantata e abitata da fate blu, proseguiamo verso la prima meta: la Vedetta di Moccò. Impieghiamo circa 45 minuti per raggiungere questa località. Il caldo torrido e l’umidità tra la lussureggiante vegetazione non aiutano, ma il panorama supera di molto le aspettative.

Il sentiero CAI 1 ci conduce a un balcone sulla Val Rosandra dove incontriamo un anziano della zona che gentilmente ci racconta della conformazione montuosa e dei sentieri da poter seguire. La vedetta di Moccò è un punto panoramico eretto come un anfiteatro in miniatura che affaccia sulla parte settentrionale della valle. Da qui è possibile ammirare il monte Carso, il torrente e la valle che si estende fino all’orizzonte.

Come rapiti dalla visione, ci fermiamo a scrutare questa meraviglia della natura che con un cielo limpido e sereno, è illuminata dal sole. Questo trekking in Val Rosandra è solo all’inizio, ma sembra voler regalare più emozioni del normale. Vogliamo lasciare che il sentiero CAI 1 prenda il sopravvento e ci guidi tra le verdeggianti pareti carsiche del Friuli Venezia Giulia.

Ripercorriamo il breve tratto in pianura che ci aveva portati alla vedetta e imbocchiamo la strada asfaltata passando a pochi metri dal cimitero. Adesso saliamo per raggiungere la pista ciclo pedonabile Giovanni Cottur. Questa ciclopista ha origine a San Giacomo e sale fino alla Riserva naturale della Val Rosandra per giungere infine a Draga Sant’Elia. Noi la percorriamo per circa mezz’ora come da itinerario.

panorama vedetta di moccò val rosandra

Sentiero dell’amicizia – Arrivo a Bottazzo

Raggiunta la Ciclopista Giovanni Cottur proseguiamo verso destra, in direzione Bottazzo. Questo tratto di pista è in sterrato ed è frequentata dagli amatori locali. Camminando su un leggero falso piano in salita attraversiamo un paio di gallerie scavate nella roccia. Infine, giungiamo al bivio.

Sulla destra imbocchiamo un sentiero che si snoda nel bosco. Iniziamo la nostra discesa verso il villaggio di Bottazzo. Seguiamo il sentiero dell’amicizia perdendoci nella fitta vegetazione. Passeggiare tra i verdi pendii della Val Rosandra è come esplorare una terra misteriosa dove non sai mai cosa ti può aspettare.

Infatti, dopo una discesa con una buona pendenza raggiungiamo Bottazzo, un paesino di poche anime in pieno confine con la Slovenia. Qui ogni cosa sembra essere rimasta com’era una volta. Case in pietra costruite una a fianco all’altra si immergono in uno scenario selvaggio dove la natura è l’unica ancora a dominare. Un girasole fa capolino da un piccolo giardino, poco distante uno spaventapasseri regna incontrastato e infine, un’insegna: Rifugio Premuda.

Perlustriamo il piccolo centro che a prima vista sembra essere disabitato e ci lanciamo nell’ultimo tratto del sentiero dell’amicizia, un’escursione ad anello nella Val Rosandra che in alcuni punti prende il nome di sentiero CAI 1. Proseguiamo addentrandoci nell’area boschiva e cercando di non perdere la giusta via. In tutto il percorso escursionistico sono diversi i bivi che non hanno indicazioni chiare, pertanto, sempre meglio stare attenti.

pista ciclo pedonabile trieste giovanni cottur, val rosandra

Cascata Val Rosandra e acquedotto romano

Il nostro trekking in Val Rosandra prosegue sulle pendici del monte Carso. Costeggiamo il massiccio percorrendo il sentiero dell’amicizia che diventa ghiaioso. Prima raggiungiamo la cascata del torrente della Val Rosandra, da un’altura possiamo ammirare appieno il flusso d’acqua che si riversa dalle rocce e precipita per diversi metri nel fondo della valle.

Il sentiero procede ancora per diversi metri e prima di raggiungere il rifugio Mario Premuda scorgiamo i resti di quello che era un acquedotto romano. A 10 minuti di cammino, invece, passiamo lungo dei bacini d’acqua alimentati dal torrente affollato da turisti e gente del luogo.

Infine, raggiungiamo il bivio che ci riconnette al sentiero CAI 1 e ritroviamo quel piacevole rivolo d’acqua pullulante di damigelle blu. Decidiamo di restare ancora un po’ in quel posto incantevole prima di dirigerci verso la fine del sentiero. Infondo, l’escursione era stata completata e potevamo attendere qualche altro minuto prima di andare.

Come ultima tappa ci concediamo una pausa pranzo al rifugio. Qui mangiamo e beviamo senza spendere molto festeggiando un altro traguardo: la conquista della Val Rosandra.
Raianaraya Nature Experience

Siusi allo Sciliar: giro di Laranza

Giro di Laranza con Veduta del Re: escursione ad anello a Siusi allo Sciliar, un trekking facile tra le Alpi dolomitiche del Trentino Alto Adige.

Autore: Raianaraya Nature Experience

Siusi allo Sciliar è un borgo alpino situato tra due emblematici massicci montuosi delle Dolomiti, lo Sciliar e l’Alpe di Siusi. Quest’ultimo è l’altopiano più vasto d’Europa e sovrasta la piccola località montana rendendola unica nel suo genere.

Qui le Alpi dolomitiche si elevano maestose facendo da sfondo alla località montana. Gli scenari naturalistici e i paesaggi alpini allietano lo sguardo incredulo degli ignari viandanti che passeggiano per le viuzze della piccola frazione del comune di Castelrotto, nella provincia autonoma di Bolzano.

Questa realtà alpina ci era stata consigliata da un amico e avevamo deciso di inserirla nel nostro itinerario on the road. Ormai in Trentino da alcuni giorni, avevamo lasciato alle nostre spalle l’incantevole parco naturale Adamello-Brenta e ci eravamo diretti verso questa nuova meta, alla scoperta dell’Alpe di Siusi.

Il viaggio sulle Alpi on the road era quasi giunto al termine, ma prima di concludersi aveva ancora molto da regalarci. Per questa escursione, in particolare, ci siamo voluti tuffare in un trekking ad anello facile che riuscisse a mostrarci gli incantevoli paesaggi nei dintorni di Siusi allo Sciliar: il giro di Laranza.

Itinerario Siusi allo Sciliar: giro di Laranza

Il sentiero ad anello di Laranza è un percorso nei boschi di Siusi allo Sciliar. Questa passeggiata è rinomata per la splendida Veduta del Re ed è adatta a chiunque voglia respirare un po’ aria pulita e rilassarsi nel silenzio della natura.

Per intraprendere l’escursione, abbiamo parcheggiato il nostro van nell’area di sosta adiacente agli impianti di risalita di Siusi. Il parcheggio è gratuito tutto il giorno e assolutamente sicuro. Dagli impianti sciistici abbiamo percorso le vie di Siusi allo Sciliar per circa una mezz’ora prima di raggiungere l’imbocco del giro di Laranza.

Abbiamo attraversato il caratteristico borgo alpino che merita di essere visitato per le singolari casupole in legno, la storia del luogo e la cultura centenaria. Siusi allo Sciliar è avvolto da un velo di mistero ed è sede di diverse leggende su spiriti e streghe. Soprattutto durante il medioevo, Castelrotto e le sue frazioni erano considerate terribili rendez-vous di streghe e spiriti malvagi. Questi si incontravano per svolgere misteriosi rituali e divulgare antiche letture demoniache.

Giro di laranza, anello veduta del Re

La leggenda del sasso delle streghe

Nei pressi del lago di Fiè, poco distante da Siusi allo Sciliar, si trova una roccia leggendaria nota a tutti come il Sasso delle Streghe. Un masso con una forma allungata ricoperta da muschio brillante. Sulle pendici di queste Alpi dolomitiche, si narra che le streghe si incontrassero su di questo sasso. Qui, nelle notti più oscure, le demoniache donne danzavano e gridavano per portare a termine i loro rituali.

Tra la gente locale girano voci che un tempo, il parroco di Fiè allo Sciliar, decise di recarsi al sasso per riposare. Questa scelta aveva un intento ben chiaro, ossia quello di sconfiggere le malefiche creature della montagna.

Il parroco cadde in un sonno profondo che fu interrotto soltanto dal suono delle campane di mezzanotte. Al suo risveglio, egli dovette assistere all’oscena riunione delle temibili streghe. Ma non passò molto prima che queste si accorgessero della presenza di un uomo.

Fu così che il parroco fu torturato e malridotto a tal punto da ridurlo in fin di vita. Al mattino seguente si narra che il povero malcapitato fu ritrovato cosparso di graffi, ustioni e lividi. Da quel momento, il Sasso delle Streghe è stato considerato un luogo pericoloso da cui tenersi lontani.

Veduta del Re, escursione ad anello di Siusi

Ammaliati dalla storia e le leggende locali, abbiamo intrapreso il sentiero di Laranza. Prima abbiamo costeggiato l’Hotel Mirabell e i caratteristici masi dell’Alto Adige. Dopodiché, abbiamo cominciato a salire sulla strada asfaltata che conduce all’inizio del sentiero con segnavia N°5: Giro di Laranza.

Il primo tratto del sentiero era in ghiaia e attraversava i verdi campi illuminati dal sole. Alla nostra sinistra l’imponente Alpe di Siusi che si stagliava verso il cielo. Il massiccio roccioso sembrava dominare incontrastato sulla vallata e tutti i borghi alpini allo Sciliar. Intanto, il nostro sguardo incredulo vagava nel pittoresco scenario dolomitico.

Dopo poco ha avuto inizio il sentiero nel bosco che ci ha condotto in meno di 15 minuti alla famigerata Veduta del Re. Questo è un panorama a 1.150 metri circa s.l.m. che prende il nome dal Re di Sassonia che vi si recava durante i periodi di riposo.

Il giro di Laranza si snodava attraverso il bosco mescolandosi con la lussureggiante vegetazione e le antiche rocce che costellano il sentiero. Con un dislivello di circa 200 metri in poco meno di due ore, questa è una passeggiata adatta a tutti e per tutte le età. Inoltre, durante il tragitto abbiamo notato diverse panchine in legno per permettere ai visitatori di godere della natura e la pace del bosco dolomitico.

Giro di laranza, anello veduta del Re, Siusi allo Sciliar

Fuori dal bosco

In meno di un’ora abbiamo percorso l’intero sentiero di Laranza immerso nel bosco. Siamo stati travolti da una sensazione di pace capace di pervadere le nostre menti. Usciti dalla vegetazione, abbiamo percorso una viuzza asfaltata con l’Alpe di Siusi imponente dinnanzi a noi.

Al termine della strada, abbiamo proseguito verso la statale dove attraverso passaggi pedonali abbiamo raggiunto di nuovo l’imbocco del giro di Laranza. Abbiamo seguito sempre le segnaletiche per Siusi allo Sciliar e infine abbiamo raggiunto il centro del paesino.

Questo magico itinerario tra i boschi e i campi del borgo alpino di Siusi ha stravolto le nostre aspettative permettendoci di esplorare luoghi incontaminati tra le montagne più invidiate del mondo, le Alpi delle Dolomiti.
Raianaraya Nature Experience

La leggenda del lago di Carezza

Il lago di Carezza è uno specchio d’acqua dalle tonalità color smeraldo adagiato tra le vette delle Dolomiti in Trentino Alto Adige. Avvolto nel mito, in questo luogo aleggia la leggenda della ninfa Ondina che dimora nelle profondità del bacino.

Autore: Raianaraya Nature Experience

Il lago di Carezza è uno dei laghi più belli e suggestivi delle Dolomiti ed è adagiato nella nota Val d’Ega, a Nova Levante nella provincia di Bolzano. Qui sopravvive la leggenda della ninfa del lago di Carezza, una creatura mistica che si pensa dimorasse nelle profondità dello specchio d’acqua.

Le Alpi dolomitiche circondano il profondo bacino idrico mentre il massiccio del Latemar si staglia verso l’alto creando una muraglia naturale. Torri e guglie rocciose di origine erosiva delimitano il confine tra il lago di Carezza e il versante opposto che comunica con le valli più vicine a Bolzano.

Leggenda della ninfa del lago di Carezza

Una leggenda narra che nelle acque del Lago di Carezza vivesse un’incantevole ninfa dai capelli biondi, Ondina. Tutti i passanti in cammino verso il Passo di Costalunga venivano stregati da cotanta bellezza e le dolci note del suo canto allietavano il loro animo. Nessuno poteva resistere all’incredibile fascino della giovane creatura.

Un giorno accadde che lo stregone di Masarè, potente mago che dimorava sul massiccio del Latemar, si innamorasse perdutamente di Ondina. L’attraente canto di quest’ultima sedusse così tanto l’uomo che non potette fare altro che cadere in questo giuoco.

Nei giorni a venire lo stregone tentò invano di avvicinare la ninfa. Ogni volta che provava ad avvicinarsi, Ondina, schiva e molto timida, si tuffava nel lago di Carezza e lasciava che le sue tracce si perdessero del tutto.

Lo stregone e l’arcobaleno

Non conoscendo altro modo, lo stregone si diresse dalla strega Langwerda, sul monte Catinaccio. Al ché, Ella gli consigliò di mettere in piedi uno spettacolo dalle proporzioni maestose. Avrebbe dovuto realizzare un arcobaleno che dal Catinaccio giungesse fino al Latemar terminando nel lago di Carezza. Inoltre, tutto ciò andava fatto sotto mentite spoglie. Infatti, lo stregone avrebbe dovuto fingersi un mercante di gioielli così da riuscire ad ammaliare la ninfa.

Lo stregone attuò il piano come descritto dalla strega Langwerda e creò l’arcobaleno più bello che si fosse mai visto sul pianeta. Ma preso dal suo lavoro, egli dimenticò di trasformarsi in mercante di gioielli. Intanto Ondina, stupita dallo spettacolo di colori, emerse dalle limpide acque per ammirare la meraviglia di quel creato. Una volta sulle sponde del lago, però, si accorse dello stregone. Così, la ninfa, infastidita dall’inganno, si rituffò nelle profondità del lago e questa volta scomparve per sempre senza lasciare nessuna traccia di sé.

Lo stregone, preso dalla collera, distrusse l’arcobaleno che si frantumò e tutti i suoi pezzi caddero nel lago. Questo evento fu la causa dello splendore di questo lago che ancora oggi risplende di mille colori. Oggigiorno, quando le acque del lago di Carezza si abbassano, emerge la statua della ninfa Ondina che ancora dimora nelle sue profondità.

lago di carezza in Val d'Ega, la leggenda della ninfa

Dalla Val d’Aosta al Lago di Carezza, on the road verso il Trentino

La leggenda del lago di Carezza riecheggia nel mito e la sua bellezza cattura ancora gli sguardi degli ignari viandanti. Nel nostro viaggio on the road sulle Alpi, siamo stati travolti dalle straordinarie tonalità di queste acque. Nonostante il meteo del lago di Carezza fosse stato molto variabile a causa del maltempo, il bacino risplendeva di un blu accesso che sfidava le leggi della fisica.

Siamo giunti sulle rive del lago in primo pomeriggio, ma le condizioni atmosferiche avverse non hanno permesso alcun tipo di escursione o passeggiata nella zona. In prossimità della strada statale della Val d’Ega, percorrendo i tornanti in salita, è possibile ammirare il blu profondo delle sue acque. Abbiamo parcheggiato l’auto di fronte al bacino idrico e il costo del parcheggio del lago di Carezza è gratuito per i primi quindici minuti, dopodiché scatta la tariffa oraria.

Prima di ricominciare il viaggio on the road verso la Val di Fassa, abbiamo approfittato con un campeggio sul lago di Carezza. Ovviamente, nell’immediate vicinanze dello specchio d’acqua è vietata qualsiasi forma di campeggio o attività ristorativa. Ma ad ogni modo, a pochi minuti di auto è possibile usufruire di aree di sosta attrezzate e campeggi itineranti.

Il lago di Carezza è un vero capolavoro della natura dai riscontri leggendari. Anche se di sfuggita, merita di essere visitato poiché è unico e tra i più affascinanti delle Alpi dolomitiche. Inoltre, di passaggio dal Passo del Tonale e dal Ghiacciaio Presena, è una meta che vale la pena aggiungere all’itinerario di viaggio, come abbiamo fatto anche noi.
Raianaraya Nature Experience

Trekking Sentiero della Pace dal Tonale

Un itinerario storico che ripercorre le tappe della grande guerra. Dal Tonale alla Marmolada, un’escursione di oltre 500 chilometri tra i ghiacciai e le vallate che furono le linee di difesa italiane contro l’impero austro-ungarico. Questa tratta copre la parte iniziale di questo tragitto che dal Tonale conduce al Ghiacciaio Presena.

Autore: Raianaraya Nature Experience

Il sentiero della pace è un trekking piuttosto complicato con tratti alpinistici per soli esperti che transita nei vecchi punti chiave delle linee di difesa italiane durante la grande guerra. Con un itinerario di oltre 520 chilometri, il sentiero della pace è un viaggio commemorativo tra cave, bunker e ruderi delle battaglie che ebbero luogo durante il primo decennio del secolo scorso nell’area del Trentino e del Veneto.

Un percorso escursionistico del genere necessiterebbe di circa un mese per essere completato del tutto, ma in alternativa, il sentiero della pace può essere scoperto percorrendo brevi tratti. Infatti, l’itinerario storico della grande guerra consente di procedere per tappe affrontando escursioni con una distanza minore.

In questo caso, questa è la prima tappa che collega il Passo del Tonale all’Adamello. Nello specifico, l’escursione che raggiunge il Passo Paradiso e in seguito, il Rifugio Alpino Capanna Presena, seconda sosta della cabinovia Paradiso che conduce al Ghiacciaio Presena a 3.064 metri s.l.m. Ed è qui che il trekking ha avuto inizio, a quota 3.000 metri con l’impareggiabile vista del Rifugio Panorama 3000, ossia l’avveniristico Sky Bar dal design moderno e dalle enormi vetrate che affaccia sull’incredibile ghiacciaio e sugli impianti sciistici del Tonale.

Trekking sentiero della pace, Passo del Tonale

Cabinovia Paradiso – Rifugio Alpino Capanna Paradiso

Nella scorsa tappa abbiamo raggiunto il Ghiacciaio Presena con la teleferica del Tonale, la Cabinovia Paradiso. Quest’ultima nella fase di risalita compie tre diverse fermate: prima al Rifugio Passo Paradiso a 2.573 m s.l.m., una intermedia al Rifugio Alpino Capanna Paradiso e un’ultima al Rifugio panorama 3000, ossia il balcone sul ghiacciaio.

Dopo aver ammirato i silenziosi pendii innevati e le frastagliate vette rocciose, usufruendo dell’ovovia abbiamo raggiunto comodamente il Rifugio Capanna Paradiso a quota 2.753 metri. Qui abbiamo intrapreso il primo tratto verso il sentiero della pace, il principio dell’itinerario storico della grande guerra.

Da Capanna Paradiso abbiamo percorso un ampio sentiero in ghiaione utilizzato come pista da scii durante la stagione invernale. Un serpentone accompagnato da un costone di neve gelata che si erge oltre l’altezza media di un uomo. Numerose coppie in quel muro glaciale hanno pensato di incidere i propri nomi, forse per far riecheggiare quel loro legame anche nella maestosità del Ghiacciaio Presena.

Prima di raggiungere Passo Paradiso abbiamo costeggiato le rive di due laghi di origine glaciale. I due specchi d’acqua cristallina erano caratterizzati da una tonalità di color turchese intenso nonostante il meteo incerto e le nubi sparse. Infatti, il colore dei bacini risplendeva di luce propria, donando pace e tranquillità all’affascinato visitatore di passaggio.

Sentiero della pace, trekking Passo Paradiso

Sentiero della Pace – Trekking Passo Paradiso

Prima di intraprendere il sentiero della pace, abbiamo potuto ammirare il monumento in memoria dei caduti della grande guerra e a pochi passi uno spazio ricavato da una grotta per raccontare delle gesta compiute dai nostri eroi e custodire gli strumenti utilizzati durante le complesse operazioni militari.

Dal Rifugio Paradiso potevamo scegliere tra diverse opzioni per tornare al Tonale. Una era quella di scendere in ovovia fino al parcheggio della cabinovia, ma troppo comoda e senza sprazzi nella natura. Un’altra possibilità prevedeva di lanciarsi sul percorso in ghiaione e neve che conduce a valle seguendo la teleferica, ma in questo caso il sentiero era sconnesso e in forte pendenza.

L’ultima e anche l’opzione migliore non poteva che essere il sentiero della pace, un trekking di circa tre ore con una difficoltà E – Escursionistico e degli scenari naturalistici incantevoli sulla dorsale dei Monticelli e i pendii scoscesi delle montagne circostanti. Dal passo paradiso abbiamo affrontato una breve discesa con forte pendenza su ghiaione alla destra del rifugio e subito abbiamo raggiunto lo stretto sentiero in sterrato che si insinua tra i Monticelli e il Presena.

In questo primo tratto le rocce di un colore verdastro e gli strapiombi sulla valle davano origine a un paesaggio inconsueto e sbalorditivo. Vegetazione rarefatta, massi variopinti e una veduta infinita verso l’orizzonte rendevano ogni passo del percorso un’esperienza unica. Qui abbiamo avuto l’onore di avvistare anche un’aquila in perlustrazione che cauta sondava il terreno di caccia.

Segnavia sentiero della pace, passo del tonale

Sentiero della pace: arrivo al Tonale

Durante la prima ora di cammino abbiamo camminato completamente circondati dalla dorsale dei Monticelli e dalle montagne del versante frontale. Le cime rocciose puntellate di nevai e alcuni piccoli ghiacciai che facevano capolino come per segnalare la loro precaria esistenza, scolpivano uno scenario alquanto singolare. La natura anche qui è riuscita a realizzare un’opera d’arte dal valore inestimabile e noi, fortunati, abbiamo potuto assistere a questa meraviglia paesaggistica senza tempo.

Dopo la prima ora di escursione, le pendenze del sentiero della pace hanno cominciato a diminuire, rendendo la camminata sempre più spedita e agevole. Una volta attraversato un piccolo rivolo d’acqua, tra le pietre e le rocce sparse sul percorso, abbiamo apprezzato la magnificenza di questo scenario naturalistico che ad ogni passo cambiava dinnanzi a noi. Il tipico paesaggio alpino d’alta quota aveva prima lasciato spazio alle praterie per poi finalmente terminare nel bosco di montagna e anche ultimo tratto di sentiero che procedeva su ampia strada su ghiaia.

Abbiamo coperto l’intera distanza del sentiero della pace che dal Passo Paradiso conduce al Tonale in meno di quattro ore. Abbiamo proseguito con calma e con quel fare di chi non vuole perdere alcun dettaglio di quel quadro naturalistico. Giunti a valle, abbiamo approfittato di una sosta per bere una buona birra alla locanda adiacente alla Cabinovia Paradiso. Un modo semplice di appagare la nostra sete e il nostro desiderio di condividere quel momento insieme, un’avventura straordinaria affrontata in compagnia in un luogo unico e incontaminato al confine tra le Alpi del Trentino e della Lombardia.
Raianaraya Nature Experience

Alpi on the road: Ghiacciaio Presena, Passo del Tonale – Parco Naturale Adamello Brenta

Il Ghiacciaio Presena è uno strato di permafrost adagiato nell’area del gruppo montuoso della Presanella. Raggiungibile comodamente in ovovia o intraprendendo il sentiero della pace dal Passo del Tonale, il ghiacciaio si estende nel cuore del Parco Naturale Adamello Brenta al confine tra Lombardia e Trentino. Ecco l’ottava tappa del viaggio on the road sulle Alpi iniziato dal Monte Bianco fino a raggiungere l’estremità opposta a confine con la Slovenia.

Autore: Raianaraya Nature Experience

Alpi on the road, è così che abbiamo voluto chiamare questo viaggio in van tra le montagne più affascinanti del nostro bel paese. Un itinerario vasto e colmo di mete da esplorare e scoprire fino al midollo. Quindici giorni di avventura ed escursioni tra le valli incantate e le montagne più elevate d’Italia e d’Europa.

Ed eccoci, adesso, dopo aver setacciato diverse vallate della Val d’Aosta ed esserci presentati in Val Veny e Val Ferret, al cospetto del Monte Bianco, a superare il confine della Lombardia e ad addentrarci in Trentino nel Parco Naturale Adamello Brenta. Nello specifico, sul Passo del Tonale, ai piedi del gruppo montuoso della Presanella e del maestoso ghiacciaio Presena.  

Per raggiungere il Passo del Tonale dalla Lombardia, in particolare dal lago di Como, luogo in cui avevamo trascorso la notte, abbiamo dovuto percorrere le sponde del ramo di Lecco e seguire le indicazioni per Sondrio e la Valtellina. Infatti, il giorno precedente avevamo affrontato un trekking panoramico sulle Alpi Bergamasche nella zona di Valbondione con meta Pizzo Re Castello transitando per il Rifugio Antonio Curò e il Lago di Barbellino.

Ma adesso stava per accadere qualcosa di inaspettato, qualcosa che avrebbe cambiato le sorti del nostro viaggio on the road e avrebbe portato l’intero itinerario ad avere delle deviazioni di percorso alquanto complesse. A bordo del nostro van ci siamo lanciati tra gli angusti tornanti a U che oltrepassavano la Valtellina per raggiungere finalmente la Val di Sole, all’interno del parco naturale Adamello Brenta Geopark.

Ponte di Legno, passo del tonale, parco naturale Adamello Brenta

Ponte di Legno, nuovi viaggiatori

In circa tre ore abbiamo percorso l’intero tragitto che conduce nei pressi del gruppo montuoso della Presanella e del Passo del Tonale. Un piccolo villaggio sulla strada ci aveva molto affascinato, Aprica. Questa località montana a quota 1.172 metri s.l.m. è situata sulle pendici delle Alpi Bergamasche e di domenica esplodeva di vita affollata da numerosi gruppi di motociclisti che sembravano averla conquistata.

Siamo giunti in località Ponte di Legno nel primo pomeriggio ed è qui che il viaggio on the road ha intrapreso una piega diversa. Qui, in un angolo di pace e tranquillità immerso nella natura incontaminata delle Alpi dell’Adamello, abbiamo incontrato i nostri nuovi compagni d’avventura, i rinforzi per completare l’ultima settimana on the road tra le Alpi delle vallate del Trentino e del Friuli.

Da Ponte di Legno abbiamo iniziato a visualizzare in mente le alternative migliori per spostarci verso le valli delle Dolomiti. Tra le diverse opzioni, abbiamo deciso di campeggiare ai piedi del Passo del Tonale e salire in quota sul Ghiacciaio Presena, a 3.069 metri s.l.m.

Il Ghiacciaio Presena è situato al confine tra la Val di Sole e la Valle Camonica. Questa lingua di ghiaccio appartiene al gruppo montuoso della Presanella e si estende oltre i 2.700 metri fino a toccare i 3.000 metri s.l.m. Adagiato tra Trentino e Lombardia, il ghiacciaio appartiene alle Alpi Retiche e nello specifico, alle Alpi dell’Adamello e della Presanella.

Ghiacciaio Presena, lago glaciale

Cabinovia Paradiso – Passo del Tonale

Il nuovo gruppo era ormai al completo, composto da cinque membri tutti entusiasti di esplorare le incredibili meraviglie delle Alpi. Sul Passo del Tonale siamo sfilati tra i numerosi impianti sciistici e le strutture alberghiere che comprendono la quasi totalità degli edifici della zona.

Provenendo da Ponte di Legno, abbiamo notato l’impianto di risalita che portava sul noto ghiacciaio Presena. Incuriositi, abbiamo parcheggiato i van nella piazzola adiacente alla Cabinovia Paradiso e ci siamo recati al punto informazioni. Qui, ci è stato riferito che le corse singole per le ovovie per il ghiacciaio Presena costavano 10 euro, mentre, per le corse di andata e ritorno costavano 14 euro.

Ormai tardo pomeriggio e stanchi dal viaggio della mattina, abbiamo voluto posticipare la salita al Ghiacciaio Presena per il giorno seguente. Così ci siamo recati al campeggio e abbiamo trascorso una splendida serata in riva al fiume in compagnia degli starnazzii e i sussulti di tutti i campeggiatori. Tutti i telefoni e i tablet di qualsiasi tenda o bungalow erano sintonizzati sulla finale degli europei di calcio Italia – Inghilterra e la tensione era palpabile.

Noi invece abbiamo voluto contemplare le stelle, respirare l’aria frizzante di montagna e apprezzare il vento fresco della sera che accarezzava la nostra pelle. Al mattino abbiamo scoperto che l’Italia aveva vinto e che era diventata per la seconda volta nella storia campione d’Europa.

Alpi della Presanella, Ghiacciaio Presena, Parco naturale Adamello Brenta

Alpi on the road, Ghiacciaio Presena   

Ignari di cosa ci potesse essere in cima sul Ghiacciaio Presena e non essendo tutti molto attrezzati ad escursioni impegnative, abbiamo deciso di acquistare il ticket di andata e ritorno, così in caso di necessità avremo potuto riscendere a valle senza alcun problema. Quindi abbiamo lasciato i nostri van a valle e siamo saliti sull’ovovia della Cabinovia Paradiso.

Un particolare poco trascurabile è la quantità di volte che la parola paradiso compare nelle Alpi italiane. Da quando eravamo partiti, il paradiso ha caratterizzato ogni singolo giorno del nostro viaggio on the road sulle Alpi. Il parco nazionale Gran Paradiso, il massiccio del Gran Paradiso e la cima del Piccolo Paradiso. Adesso eravamo sulla Cabinovia Paradiso e nonostante la nostra aspettativa fosse equilibrata, nel profondo sapevamo che lassù, ad alta quota, ci saremo riavvicinati ancora una volta al paradiso.

Dal principio, abbiamo visto scorrere la vegetazione sui dolci pendii a valle. Salendo dal Passo del Tonale, il bosco lasciava posto alla neve e alle rocce. Alla prima fermata d’ovovia, due laghi color turchese incorniciati dalla neve splendevano, riflettendo il blu del cielo nello specchio d’acqua. Le candide nuvole e lo scenario d’alta quota già promettevano una ricca ricompensa agli umili viaggiatori.

Infine, ha avuto inizio l’ultima tratta che collega alla stazione a 2.700 metri s.l.m. e finalmente alla cima del Ghiacciaio Presena, a 3.069 metri s.l.m. Qui, lo stato di permafrost sopravvive ai millenni e il panorama si sviluppa a 365° tutto intorno. Da questo punto la veduta sul Monte Adamello, sulle cime delle Ortles-Cevedale, sul Pian di Neve e sulle Dolomiti del Brenta è mozzafiato. Così, ancora una volta, abbiamo avuto esperienza del paradiso sulla terra e per la prima volta nella nostra vita abbiamo superato quota 3.000 metri s.l.m.

Ghiacciaio Presena, 3.000 metri s.l.m., Cabinovia Paradiso

La nostra avventura sul Ghiacciaio Presena non è ancora giunta al termine, anzi, a dirla tutta, è appena iniziata. Dal ghiacciaio abbiamo intrapreso una straordinaria escursione nella natura attraverso il sentiero della pace, un trekking di diverse ore di cui approfondiremo nel prossimo articolo.
Raianaraya Nature Experience

Escursione rifugio Antonio Curò – Trekking Alpi Bergamasche

Trekking Alpi Bergamasche, un’escursione di una giornata con partenza da Valbondione e arrivo al Pizzo Recastello transitando per lo splendido Lago del Barbellino, a pochi passi dal Rifugio Antonio Curò. Un’altra avventura nella natura di questo incredibile viaggio on the road sulle Alpi

Autore: Raianaraya Nature Experience

Dal perenne riflesso del monte Cervino nello splendente lago blu, il nostro viaggio on the road ha visto per la prima volta un cambio di regione. Lasciando alle nostre spalle la selvaggia e magnifica Val d’Aosta, ci siamo addentrati nella vicina Lombardia. Era diverso tempo che eravamo alla ricerca di un’escursione sulle Alpi Occidentali lombarde e finalmente, grazie alla preziosa compagnia di un carissimo amico, abbiamo potuto ammirare alcuni dei paesaggi più panoramici delle Alpi Orobie bergamasche.

Nel corso dell’ultima settimana, in dolce compagnia, avevamo assistito a scenari naturalistici mozzafiato e avevamo affrontato trekking con un dislivello totale pari a circa 6.000 metri. Una bella scarpinata dal riscontro univoco: un’esperienza stupenda che continuava a regalare emozioni nonostante la stanchezza e le condizioni atmosferiche avverse.

Adesso, quasi ad una settimana dall’inizio del nostro viaggio on the road, la meta di giornata andava delineandosi sempre più, anche se fino all’ultimo momento, la location è rimasta un segreto. Infatti, il caro Alessio, compagno di questa avventura, ci ha tenuto all’oscuro da tutti i suoi piani per intensificare il grado di suspense per la giornata di trekking.

Ecco come è cominciata questa nuova avventura!

Lago di Como, Madonna del Ghisallo

Madonna del Ghisallo, lago di Como

Il giorno precedente, dopo aver esplorato le meraviglie della Valtournenche, abbiamo lasciato Cervinia e la Val d’Aosta per raggiungere il lago di Como. A bordo del nostro van ci siamo lanciati nel lungo serpentone che conduce a valle e dopo alcune ore di giuda, siamo giunti al cospetto del decantato lago del Manzoni. Qui, da un balcone panoramico, abbiamo aspettato che le luci del giorno lasciassero questo mondo e che il cielo si costellasse di flebili lumi. Le danze variopinte del tramonto avevano dipinto di un fievole rosso l’intero paesaggio e lo specchio d’acqua lesto rifletteva al suo interno l’opera d’arte di giornata.

Al mattino, ci siamo svegliati nei pressi del rinomato Santuario Madonna del Ghisallo. Qui, in genere, un infinito andirivieni di ciclisti affolla le strade e ogni pellegrino visita quello che è conosciuto come il Tempio dei ciclisti. Una terrazza sul lago di Como con uno sguardo oltre le suntuose bellezze paesaggistiche del bacino e una panoramica alquanto suggestiva. Alle cinque di mattina tutto taceva, il silenzio ancora dominava e noi eravamo pronti per raggiungere Alessio e la sua compagna, Marianna, per questo nuovo itinerario alla scoperta delle Alpi Orobie bergamasche.

Una volta riuniti, siamo partiti in direzione Valbondione verso il punto di partenza dell’escursione. Durante il viaggio, finalmente viene anche svelato l’itinerario del trekking sulle Alpi bergamasche: Pizzo Recastello, via rifugio Antonio Curò. Abbiamo viaggiato in auto un paio d’ore prima di giungere a destinazione dove abbiamo incontrato gli ultimi due membri della compagnia. Qui, ad un baretto del paese abbiamo approfittato per fare una buona colazione con caffè e croissant. Infine, entusiasti, abbiamo intrapreso la nostra escursione.

Lago di Barbellino, Rif. Antonio Curò

Sentiero panoramico CAI n. 305

In sei ci siamo lanciati in questa avventura sulle Alpi bergamasche. Da Valbondione siamo saliti su strada asfaltata per una decina di minuti fino al bivio con le prime segnaletiche. Abbiamo svoltato a destra verso il sentiero panoramico CAI n.305, seguendo per il rifugio Antonio Curò e abbiamo iniziato a salire su di un tratto in sterrato leggermente in pendenza e immerso completamente nel bosco.

In circa dieci minuti abbiamo lasciato alle nostre spalle il percorso più impegnativo per immetterci nel sentiero panoramico dove è iniziato il lungo cammino verso il rifugio Curò. Questa via ciclopedonale ha una pendenza moderata e sale regolare per la maggior parte del tragitto. Ben curato e per nulla complicato, il sentiero CAI n. 305 è di difficoltà Escursionistico – E, quindi è praticabile da chiunque volesse tuffarsi in un trekking sulle Alpi bergamasche.

Il sentiero è molto ampio e fino alla stazione a valle della teleferica del rifugio Antonio Curò è in ottime condizioni. Sono molte le mountain bike che sfilano tra gli escursionisti per raggiungere il lago di Barbellino, infatti, la pavimentazione poco sconnessa e la mulattiera ben tenuta consentono agli appassionati di scalare i pendii di questa parte delle Alpi Orobie anche in bicicletta. Certo è che le altezze sono importanti e i rischi in montagna sono sempre dietro l’angolo, pertanto, è pur sempre necessario prestare molta attenzione durante queste imprese e rispettare l’imprevedibilità e la grandezza della natura selvaggia.

Sentiero Panoramico CAI n. 305, panorama, Valbondione

Escursione Rifugio Antonio Curò

Nella prima ora e mezza di escursione i pendii sono piuttosto moderati e i tratti in pendenza lievi. Il vero trekking comincia a presentarsi dal momento in cui si imbocca la mulattiera. Infatti, è proprio qui che su terra battuta si inizia un lungo zigzagare di tornanti che lentamente conducono alla prima tappa di giornata, il rifugio Antonio Curò.

Avanzando a passo regolare, abbiamo affrontato i diversi tratti del sentiero panoramico CAI n. 305 restando ammaliati dalle vedute mozzafiato su Valbondione e dalla schiera di cime che circondavano il nostro cammino. Nell’ultima mezz’ora, una lunga processione avanzava in fila indiana verso la meta, famiglie, coppie, sportivi, appassionati e curiosi tutti uniti da un unico obiettivo: esplorare le bellezze della montagna e delle Alpi bergamasche.

Dopo due ore e mezza circa di trekking abbiamo raggiunto il noto rifugio Antonio Curò e ci siamo ritrovati dinanzi al lago dalle tonalità color smeraldo, il Barbellino. L’edificio sorge a quota 1.915 metri s.l.m. ed è stato inaugurato nel 1886 dal CAI di Bergamo. A pochi passi, le cascate del Serio completano la scena dando vita ad una veduta pazzesca in un luogo unico immerso nella natura incontaminata. Le acque color turchese, i verdi pendii e un cielo totalmente sgombro da qualsiasi cenno di nuvole, già coronavano le gesta dell’impresa con un paesaggio pazzesco quasi da sembrare irreale. Poco più avanti una spada nella roccia che si perde nel mito e nel tempo.

Spada nella roccia, lago di Barbellino

La leggenda delle Cascate del Serio

Si narra che nei pressi del lago del Barbellino vivesse una nobildonna. Questa era perdutamente innamorata di un pastore della zona che, però, era già fidanzato con una donna del villaggio.

Colta dall’ira e dall’invidia, la dama ordinò di far catturare la ragazza e imprigionarla nel suo imponente castello. Lì, ad alta quota, rinchiusa tra le fredde pietre della fortezza, la fanciulla iniziò a piangere incessantemente.

Le lacrime versate furono così tante che un rigagnolo inondò e travolse il castello. Fu così che le Cascate del Serio ebbero origine e il pianto disperato della giovane ancora oggi riecheggia nel frastuono dell’acqua che confluisce nel fiume.

Valbondione, panorama sentiero panoramico CAI n. 305

La via verso Pizzo Recastello

Nel nostro settimo giorno di viaggio on the road e di escursioni quotidiane, il nostro corpo aveva bisogno di riposare e di scalare in modo più ragionevole. Pertanto, data la stanchezza e la visione del Pizzo Recastello da lontano, abbiamo spezzato la compagnia e abbiamo lasciato l’impresa della cima agli altri quattro membri. Questa vetta, 2.886 metri s.l.m., è una delle vette più alte delle Alpi bergamasche insieme al Pizzo Coca e Pizzo Redorta. Inoltre, in una giornata, comporta un impegno fisico e mentale non da poco. Dal punto di partenza, Valbondione, fino in cima sono oltre 2.000 i metri di dislivello positivo, uno sforzo che necessita di un buon allenamento e una condizione fisica al top.

Dal rifugio Antonio Curò, abbiamo visto le sagome dei coraggiosi esploratori dirigersi oltre quota 2.000 metri costeggiando il cristallino lago del Barbellino. Da quell’istante, la difficile via verso Pizzo Recastello ha impegnato i nostri amici per circa quattro ore, sia per le difficoltà del percorso escursionistico sia per alcuni inconvenienti sorti durante la salita. L’ultimo tratto per il pizzo è particolarmente ostico e bisogna tirarsi su con una catena per arrivare alla croce.

Ciononostante, il paesaggio alpino che si apre in alta quota è straordinario e offre un panorama a 360° su tutto il complesso montuoso e le valli circostanti. Inoltre, spesso su questo sentiero è facile imbattersi nei sovrani indiscussi di questa terra, gli stambecchi. Pertanto, questo trekking sulle Alpi Orobie è un’esperienza naturalistica straordinaria con una scalata verso i panoramici pendii delle vette bergamasche che non deludono mai.

Pizzo Redorta, Rifugio Antonio Curò, Alpi Orobie bergamasche

Lago Barbellino e rif. Antonio Curò

In attesa che gli altri conquistassero Pizzo Recastello, noi abbiamo perlustrato le sponde del Lago Barbellino e ad un tratto, abbiamo anche trovato un modo per scendere direttamente sul bacino idrico e bagnare i piedi nelle acque color smeraldo. é sempre un’esperienza singolare quella di immergersi nei laghi o nei fiumi di montagna. Una sensazione di rinvigorimento e di benessere pervade tutto il corpo come dopo un bagno rigenerante, ma dalle proprietà divine.

Inoltre, nei pressi del rifugio abbiamo potuto approfittare del prato con vista sul lago per mandare giù qualche boccone prima di intraprendere altre azioni esplorative sul campo. Il rifugio Antonio Curò è composto da due edifici, uno più vecchio e uno costruito più di recente. Al suo interno si può alloggiare, pernottare, usufruire del ristorante oltre a un servizio bar sempre fornito e molto accogliente.

Finalmente, abbiamo imboccato la via del ritorno e abbiamo percorso il sentiero CAI n.305 a ritroso fino a raggiungere località Valbondione. Scendendo sul fianco della montagna, abbiamo potuto apprezzare l’immensità e la sconfinatezza dello scenario. Un anfiteatro naturale si apriva in un unico punto dove il fiume Serio fluiva verso valle scomparendo verso l’orizzonte. I verdi pendii e le boscose sponde davano origine ad uno spettacolo mozzafiato che ancora una volta rendevano questo viaggio un qualcosa di unico.
Raianaraya Nature Experience

Lago Blu di Cervinia, ai piedi del Monte Cervino in Valtournenche

In Valtournenche, al confine tra Val d’Aosta e Svizzera, il Monte Cervino si staglia verso il cielo e si specchia nelle acque color smeraldo del piccolo lago blu di Cervinia.

Vaste praterie, boschi di conifere e una schiera di vette oltre i 3.000 metri danno vita ad un paesaggio alpino straordinario. Tutto da scoprire.

Lago Blu di Cervinia

La Val d’Aosta è costellata di vallate selvagge e catene montuose alpine tra le più elevate e affascinanti d’Europa. Il Monte Bianco domina la scena imponendosi sulle sottostanti Val Veny e Val Ferret.

il Gran Paradiso svetta verso il cielo e offre uno scenario mozzafiato nell’omonimo Parco Nazionale grazie alle sue valli senza tempo come la Valsavarenche, la Val di Rhêmes e la Val di Cogne.

Inoltre, nella sezione più a Nord delle Alpi Pennine valdostane sorge una delle montagne più singolari d’Europa e del Mondo, il Monte Cervino, che si specchia nel magico lago blu.

La Valtournenche è una valle valdostana settentrionale a confine con la Svizzera. Lussureggiante e attrattiva, la vallata è conosciuta in tutto il mondo per il mitico monte Cervino, 4.478 metri s.l.m., anche noto sul versante svizzero come Matterhorn.

La piramide scolpita dal tempo colpisce per i suoi tratti netti e acuminati che la rendono tra le montagne più affascinanti del pianeta e al contempo, una delle vette più difficili da scalare.

Breuil-Cervinia: raggiungere il lago blu

Ai suoi piedi, nella località di Cervinia, uno specchio d’acqua color smeraldo riflette il caratteristico profilo del monte Cervino, uno scatto eterno che immortala un immemore connubio naturale: il lago blu.

Questo bacino incantato è immerso nelle verdi praterie alpine della Breuil-Cervinia e gode di un paesaggio unico al mondo. Una perla della Val d’Aosta da cui poter affrontare escursioni ad alta quota e ammirare l’immenso massiccio piramidale dal versante italiano.

Questa splendida area montana è un capolavoro di madre natura da apprezzare in loco e da imprimere nella mente come una cartolina. La ragione per cui anche anche noi abbiamo volute raggiungere il Monte Cervino. Per costatare con mano l’esistenza di questa terra mitica e antica.

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La leggenda del Monte Cervino

In un tempo remoto, prima che l’erosione iniziasse a delineare l’aspetto odierno delle Alpi, i massicci montuosi creavano una muraglia omogenea dove non vi erano vette. Qui, nella verdeggiante Valtournenche, viveva una colonia pacifica di giganti guidati da Gargantua, il loro sovrano.

Un giorno il re organizzò un banchetto senza precedenti dove vino e cibo abbondarono senza badar ad alcuna spesa. Interi allevamenti furono macellati per essere consumati all’inconsueto evento.

Alla fine della cena i giganti furono colti dalla stanchezza e crollarono in un sonno profondo. Gargantua, invece, vinto dalla curiosità, decise di innalzarsi sopra le montagne per vedere cosa si celasse alle loro spalle.

Così, si alzò e con determinazione mosse i primi passi sui pendii rocciosi. Giunto al limite più elevato, Gargantua si mise a scrutare il paesaggio meravigliato da ciò che si presentò dinnanzi ai suoi occhi.

Purtroppo, a causa del peso estremo e del cibo che aveva ingurgitato, le rocce si sbriciolarono sotto i suoi piedi e scivolò a valle con le gambe divaricate.

Una volta giù, Gargantua notò che la montagna era franata e che l’unica parte sopravvissuta era quella capitata tra le gambe del gigante. Fu così che nacque il Monte Cervino e la sua caratteristica forma affusolata.

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Dal Gran Paradiso al lago blu di Cervinia

Il nostro viaggio on the road ha avuto inizio dalla piccola cittadina montana di Courmayeur, al cospetto del Monte Bianco, ed è proseguito sulla via del parco nazionale del Gran Paradiso alla scoperta delle sue valli incantate.

Dopo la sbalorditiva escursione sul Rifugio Chabod nella Valsavarenche, la nostra attenzione si è volta verso la Valtournenche per riscoprire la zona della Bruil-Cervinia. Qui finalmente abbiamo potuto ammirare il rinomato scenario pittoresco di Cervinia, il lago blu, e il monte Cervino alle sue spalle che si erge orgoglioso dominando sulla valle.

Il giorno precedente siamo stati costretti a vagare nel nostro van per tutto il tempo a causa di condizioni metereologiche disastrose. In pieno luglio, infatti, si è scatenata un’acquazzone sull’intera area alpina valdostana che ha infuriato per circa cinque ore senza dar cenni di resa.

Proseguendo sulla nostra via per raggiungere Cervinia, le temperature sono calate drasticamente raggiungendo perfino i 4°C. Inoltre, a bordo strada erano depositati alcuni piccoli cumuli di neve. Una scena straziante che stava abbassando di molto il nostro morale, rendendo incerte anche le sorti del futuro del viaggio.

Ma per fortuna, dopo aver pernottato in un hotel nel centro della Valtournenche, al mattino tutto il mal tempo sembrava essere svanito. Al suo posto, un cielo blu e profondo aveva preso il sopravvento riportando l’estate.

Emozionati dall’inatteso evento, ci siamo tuffati in questa nuova giornata di avventura e ci siamo diretti verso il lago blu, ai piedi del Cervino.

Da Valtournenche abbiamo raggiunto in pochi minuti Cervinia e il famigerato specchio d’acqua color smeraldo. Ma prima di fermarci, abbiamo voluto guidare fino alla fine della strada, salendo fino agli impianti di risalita della frazione.

Infine, abbiamo parcheggiato in una piccola area di sosta a due passi dalla nostra meta. Ed è qui che lo stupore ha preso il sopravvento su tutte le altre emozioni.

Lago blu di Cervinia Monte Cervino
Lago Blu Cervinia, Monte Cervino, Valtournenche, Val d’Aosta

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Il lago blu: il riflesso del Monte Cervino

I paesaggi alpini sono famosi per le caratteristiche verdi praterie, le vette innevate, i laghi dalle tonalità profonde e i tipici panorami ad alta quota. Ecco, Cervinia e il lago blu rispecchiano appieno le classiche descrizioni delle Alpi e stupiscono ancor più per gli scenari quasi irreali. Poco distante, il maestoso monte Cervino sullo sfondo.

Una volta sulla riva del lago, il riflesso del Cervino sembrava essere stato dipinto su tela ad acquerello da chissà quale artista. Le creste delle onde del bacino si propagavano rendendo la visione assolutamente onirica, come proveniente da un mondo inconscio e riscoperto casualmente al suo solo sguardo. In quel vortice di meraviglia, il monte Cervino si stagliava alto e imponente ricordando la maestosità di madre natura.

Sentiero natura del Lupo – Valsavarenche

Nella verde vallata valdostana della Valsavarenche, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, si snoda un percorso escursionistico didattico che racconta del lupo e la sua difficile convivenza con l’uomo: il Sentiero natura del lupo. Ecco la nostra esperienza.

Autore: Raianaraya Nature Experience

La Valsavarenche è una delle valli più affascinanti del Parco Nazionale del Gran Paradiso. I sentieri nella natura, le verdeggianti sponde sul Savara e gli scenari incontaminati rendono la vallata una perla del parco è una meraviglia naturalistica assoluta. Il modo migliore per apprezzare la bellezza della Valsavarenche è di sicuro quello di avvicinarsi alle Alpi regine: il Gran Paradiso 4.061 m s.l.m., il Piccolo Paradiso 3.926 m s.l.m., e il Roc 4.026 m s.l.m.

Nell’ultima escursione abbiamo potuto ammirare i naturali dipinti su tela che si scorgono dalle panoramiche vedute sul sentiero che conduce al Rifugio Federico Chabod a 2.750 m s.l.m. Un trekking di difficoltà E – Escursionistico con un dislivello di circa 1.000 metri per una durata complessiva, andata e ritorno, di circa 5 ore. Ma il giorno precedente, prima di raggiungere il Camping Gran Paradiso per poi intraprendere questo meraviglioso percorso, abbiamo esplorato il fondovalle della Valsavarenche.

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Fenille, sulle sponde del Savara

Al mattino siamo stati svegliati da una leggera pioggia che sembrava voler compromettere la nostra tanto attesa escursione. Un vento fresco e il clima piuttosto freddo ci hanno costretto ad abbandonare la Val di Rhêmes e il suo splendente lago di Pellaud. Così, una volta a bordo del nostro van, abbiamo seguito i tornanti fino ad uscire dalla valle e riemergere nei pressi del bivio per la Valsavarenche.

In quell’occasione, la dea speranza ha voluto che il cielo si aprisse leggermente e che la luce del giorno filtrasse attraverso lo strato di cupe nuvole sospese in aria. Infatti, ancora impegnati nell’affrontare le anguste curve montane, abbiamo finalmente intravisto il sole: il segno che un’escursione era ancora possibile.

Consultando alcune recensioni, siamo stati colpiti da una semplice passeggiata nel fondovalle della Valsavarenche, il Sentiero natura del lupo. Questo è un percorso che costeggia il Savara, un torrente anche noto come Dora del Nivolet, che scorre attraverso tutta la suddetta valle. Questo corso d’acqua nasce ai piedi del Gran Paradiso ed è affluente della Dora Baltea, ossia il fiume valdostano che ha origine dai ghiacciai della Val Veny e della Val Ferret, al cospetto del Monte Bianco, e che abbiamo potuto contemplare in questo viaggio on the road.

Il sentiero natura del lupo è un’antica via che serviva da collegamento tra i diversi villaggi della Valsavarenche in tempi più difficili. Oggi il Parco Nazionale del Gran Paradiso ha saputo rivalutare questo percorso permettendo ai visitatori di inoltrarsi tra le casupole e i tetti spioventi delle comunità montane locali. Il punto di partenza è nella piccola frazione di Fenille, un complesso di poche case a due passi dalle sponde del Savara.

Il ritorno del lupo

Il lupo è una specie protetta che da tempo immemore dimora sulle montagne italiane. Un esempio è il Parco Nazionale della Majella, sugli Appennini d’Abruzzo, dove il lupo è diventato simbolo della riserva, ma anche di luoghi come l’Irpinia, in Campania, dove in altre epoche questo canide era padrone. Eppure, l’uomo e il lupo non hanno sempre avuto un trascorso pacifico e spesso, a causa della caccia incontrollata, l’animale ha avuto la peggio fino a raggiungere l’estinzione in molte aree del territorio italiano.

Questo è accaduto anche nel Gran Paradiso e il lupo per diversi decenni a smesso di predare in queste valli valdostane. Finché, dopo anni, come riportano le fonti del Parco Nazionale Gran Paradiso, il lupo è tornato autonomamente per una dispersione naturale. Queste informazioni si possono trovare proprio percorrendo il sentiero natura del lupo. Inoltre, attraverso le diverse didattiche installate durante il cammino, è possibile approfondire la storia della Valsavarenche oltre che la fauna e la flora locale che hanno trovato rifugio in questa verdeggiante area incontaminata.

lupo-sentiero-natura-valsavarenche

Il sentiero natura del lupo: da Fenille a Dégioz

Parcheggiata l’auto, abbiamo intrapreso l’ampio sentiero pedo-ciclabile che costeggia il torrente Savara sulla sinistra orografica. Con una larghezza simile a quella di una corsia stradale, il sentiero natura del lupo procede per 8 chilometri in direzione Eau Rousse nel fondovalle della Valsavarenche. Le tappe intermedie sono rispettivamente Bois de Clin, Rovenaud, Dégioz e Bien.

L’escursione è di difficoltà T – Turistico e attraversa i vari villaggi e la vegetazione della Valsavarenche seguendo il simbolo del lupo in uno sfondo verde. I segnavia sono presenti ovunque anche se a tratti abbiamo avuto non pochi problemi ad individuare la giusta via da prendere. A Bois de Clin abbiamo chiesto indicazioni per rimboccare il sentiero passando lungo le vecchie dimore rurali e davanti ad abitazioni per lo più disabitate.

Dopo il primo villaggio, abbiamo intrapreso un sentiero panoramico completamente immerso nella vegetazione dove in alcuni momenti sembrava di passeggiare in un bosco fatato affollato da insetti di ogni genere, tra cui farfalle variopinte dai colori più stravaganti.

Dopodiché siamo giunti a Rovenaud, un borgo così piccolo da sembrare irreale. Qui le didattiche informavano di una gravissima valanga che il secolo scorso aveva distrutto la zona e che oltre ai danni inestimabili aveva ucciso una buona parte degli abitanti locali. La natura è un’entità tanto straordinaria quanto temibile. Le creazioni e la musica che compone danno vita ad ogni elemento senza tener alcun conto della vita e a volte, quelle stesse bellezze senza tempo sono in grado di spazzar via i sogni di centinaia di uomini.

Val

Dégioz, il capoluogo della Valsavarenche

Tra natura, cascate e il Savara alla nostra sinistra abbiamo percorso il sentiero natura del lupo fino a raggiungere Dégioz, il capoluogo della Valsavarenche. Abbiamo camminato per oltre due ore ad un passo lento, anche perché il meteo non era dei migliori e arrischiarsi in un’impresa più ardua con quel tempo non era tra le nostre opzioni.

Qui abbiamo appreso che in Valsavarenche transitano soltanto tre bus al giorno e in tre fasce giornaliere specifiche: al mattino presto, nel primo pomeriggio e la sera. E a tale scoperta, siamo stati costretti a concludere il nostro itinerario per evitare di aspettare la corsa della sera. Inoltre, anche se avessimo completato l’intero sentiero natura del lupo, arrivando a Eau Rousse, avremmo dovuto aspettare comunque circa 4 ore prima di poter tornare al nostro van. Ma data la nostra intenzione nel voler ammirare le vette del Gran Paradiso, del Piccolo Paradiso e del Roc dal Rifugio Federico Chabod il giorno seguente, abbiamo deciso di pranzare e aspettare che il bus ci riportasse indietro a Fenille.

Anche se imprevista, questa avventura nel fondovalle della Valsavarenche attraverso il sentiero natura del lupo ci ha regalato dei momenti di pace assoluta. I villaggi rustici dall’architettura montana, la vegetazione che a tratti inondava il sentiero, e l’acqua, l’elemento per eccellenza del Parco Nazionale Gran Paradiso, che sotto forma di cascate, torrenti e rivoli defluiva verso valle hanno accompagnato il ritmo della nostra escursione.
Raianaraya Nature Experience

Lago di Pellaud – Val di Rhêmes

La Val di Rhêmes è la valle occidentale del Parco Nazionale Gran Paradiso. Situata in Val d’Aosta e confinante con le Alpi Francesi, questa verdeggiante vallata incanta con i suoi villaggi, il lago di Pellaud e le numerose escursioni che conducono in alta quota.

Autore: Raianaraya Nature Experience

Circondata dalla Valgrisenche ad Ovest e dalla Valsavarenche ad Est, La Val di Rhêmes si presenta come una vallata allungata che scorre attraverso il versante occidentale delle Alpi Graie e la catena montuosa di Rhêmes-Notre-Dame che separa l’omonima valle dall’alta Valgrisenche. Ed è qui che sorge il lago di Pellaud, uno specchio d’acqua immerso nella natura selvaggia.

In questo angolo del Gran Paradiso la vita ha sempre dato filo da torcere ai pochi abitanti della Val di Rhêmes. Infatti, fino a metà del secolo scorso, i vari villaggi della valle erano in balia delle disastrose valanghe e delle frane che isolavano i piccoli borghi montani anche per sei mesi ogni anno.

Solo dagli anni 60’ circa, in seguito a investimenti importanti sulle infrastrutture e sulla viabilità, la Val di Rhêmes è riuscita ad ottenere una strada libera percorribile per quasi tutto il corso dell’anno. Una vittoria considerevole se si pensa che fino a qualche anno prima questa valle del Gran Paradiso rimaneva isolata per circa metà anno.

Negli ultimi anni, Rhêmes-Notre-Dame ha iniziato ad attrarre molti appassionati di escursione e trekking, inoltre, grazie anche a degli impianti sciistici di tutto rispetto, la valle finalmente ha cominciato a brulicare di nature lover e amanti degli sport invernali.

Lago di Pellaud-Val di Rhemes

Rhêmes-Notre-Dame

Quando si giunge nella Valle di Rhêmes-Notre-Dame, fin dal primo istante si è attratti dalla pace, dal silenzio e da quegli scenari selvaggi completamente incontaminati. I piccoli centri abitati, anche noti come village, sbucano di tanto in tanto mostrando gli spioventi campanili. Casupole dallo stesso stile architettonico si fondono con la verde e fitta vegetazione del Gran Paradiso, unendosi in un gioco di colori tenui e rassicuranti.

Addentrandosi nella Val di Rhêmes si incontrano Créton, Melignon, Carrè, Chanavey, Rhêmes-Notre-Dame, Bruil, Pellaud con l’omonimo lago e Thumel. Tutti borghi curati e completamente immersi nella selvaggia flora alpina che rendono l’intero paesaggio rustico, accogliente e piacevole.

Il villaggio principale della valle è Rhêmes-Notre-Dame, un piccolo comune montano sovrastato dalle alte cime delle Alpi Graie. Adagiato a 1.725 metri s.l.m., questa località è un paradiso estivo per escursionisti e alpinisti. Mentre, d’inverno, è una meta da sogno per amanti dello scii d’alpinismo, dello sport sulla neve e delle settimane bianche in completo relax.

Inoltre, la Val di Rhêmes custodisce le tracce storiche del mitico Gipeto, anche conosciuto con il nome di avvoltoio barbuto. Quest’ultimo è l’uccello più grande d’Europa che estinto agli inizi del ‘900, è stato reintrodotto negli ultimi decenni nel Parco Nazionale Gran Paradiso per ripopolare la fauna locale e concedere di nuovo la patria a questi enormi rapaci per troppo tempo tormentati dall’uomo.

Gipeto, rapace nella Val di Rhemes, Gran Paradiso
Avvoltoio Barbuto o Gipeto, rapace con apertura alare di oltre 3 metri

Lago di Pellaud

Poco distante da Rhêmes-Notre-Dame, nel villaggio rurale di Thumel, quasi alla fine del manto stradale, si estende una piccola prateria che pullula di marmotte. Grazie all’area protetta e al poco afflusso dell’uomo, molte specie faunistiche riescono a vivere e proliferare indisturbate come madre natura ha pianificato in origine. Infatti, la Val di Rhêmes è un’oasi naturalistica pura e intatta dove la natura domina ogni aspetto della quotidianità.

Nelle vicinanze invece sorge il piccolo borgo di Pellaud, un villaggio composto da una decina di case nei pressi del Lago di Pellaud. Questo bacino idrico risplende di un blu profondo e sembra essere spuntato fuori da un film di fantascienza. L’acqua cristallina e il blu intenso spiccano all’occhio e avvolgono la scena acquietando gli animi e ammaliando gli ignari visitatori.

Come raggiungere il Lago di Pellaud

Per raggiungere il Lago di Pellaud si snodano diversi sentieri che partono da zone differenti della Val di Rhêmes. Infatti, i villaggi sono collegati da mulattiere e percorsi naturalistici che accompagnano anche per buona parte della vallata. Inoltre, da ogni villaggio si intravedono segnavia e cartelli che si intersecano e conducono verso cime innevate, rifugi, laghi o verdi praterie alpine.

Infine, in questo angolo di pace del Gran Paradiso è possibile ammirare un antico mulino ristrutturato che ha portato alcuni decenni fa per la prima volta la corrente elettrica in questa remota area della Val d’Aosta. La Val di Rhêmes ha sfruttato i corsi d’acqua provenienti dalle sorgenti ed è riuscita a sfruttare la forza idrica che alimenta il Lago Pellaud per generare elettricità. Una diga idroelettrica che ancora oggi fornisce energia ad alcuni comuni di Rhêmes-Notre-Dame.

Lago di Pellaud-Val di Rhemes

Questa valle incantata immersa nella natura del Parco Nazionale Gran Paradiso risplende di luce propria. Le cime innevate, il tipico bosco alpino, i villaggi rurali e la fauna autoctona rendono la Val di Rhêmes ancora intatta. Questo perché la vallata di Rhêmes-Notre-Dame e le oasi naturalistiche al suo interno come il Lago di Pellaud continuano a sopravvivere e a lasciare che madre natura sia la signora indiscussa dell’intera terra.
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Escursione al Rifugio Chabod in Valsavarenche nel cuore del Gran Paradiso

La Valsavarenche è una delle valli più affascinanti del Parco Nazionale Gran Paradiso. Da questa vallata partono alcuni dei sentieri più panoramici della riserva naturale che conducono alle vette più elevate dei massicci montuosi. E ai numerosi rifugi situati a quote superiori ai 2.600 m s.l.m. come il Rifugio Federico Chabod. Ecco la nostra esperienza

Nella scorsa avventura avevamo appena solcato i confini del parco nazionale Gran Paradiso e dopo un’escursione entusiasmante nella Val di Cogne, in particolare a Lillaz, nei pressi delle omonime cascate, avevamo ripreso la nostra marcia per continuare il nostro viaggio on the road sulle Alpi italiane.

In questa tappa i nostri occhi si sono posati sulla Valsavarenche, una delle cinque valli del selvaggio Gran Paradiso, che si estende a quota 1.540 m s.l.m. e si inabissa fino al cuore del parco nazionale. Infatti, da qui partono i numerosi sentieri che accompagnano fino ai ghiacciai delle maestose cime delle Alpi Graie orientali. Inoltre, questo è anche il luogo dove si ergono le Alpi completamente italiane più alte della penisola che superano i 4.000 m s.l.m.

Le cime più ambite dagli appassionati di escursionismo sono diverse, ma tra le maggiori emerge il Gran Paradiso con i suoi 4.061 m, il Roc4.026 m, il Grivola3.969 m, il Piccolo Paradiso3.926 m e il Moncorvé3.875 m. Inoltre, una delle attività per cui sono molto conosciuti il parco nazionale e la Valsavarenche è il Tour dei ghiacciai attraverso le pareti rocciose, i nevai e il permafrost perenne.

Nel nostro caso, abbiamo optato per una panoramica escursione con destinazione Rifugio Federico Chabod, 2.710 m s.l.m. Ma prima di procedere con il trekking, il giorno precedente, abbiamo raggiunto Pont, ultima località della Valsavarenche dove è situato un ampio parcheggio da cui si snodano i diversi sentieri che zigzagando delineano i verdi pendii di tutte le pareti montuose.

Percorrendo l’unica strada che si divincola tra le rocce, le numerose cascate e la fitta vegetazione, è sembrato di accedere lentamente in una realtà aliena, selvaggia e sconosciuta dove ogni elemento naturale sembrava risplendere di una luce divina e leggendaria. Quello che abbiamo provato è riconducibile alle emozioni di Salaxo narrate in questa leggenda locale sull’origine etimologica del Gran Paradiso.

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La Leggenda del Gran Paradiso: il Re degli stambecchi

Molti anni fa, tra le valli del Gran Paradiso viveva una popolazione di minatori che estraeva il metallo dalle cavità rocciose delle montagne, anche noti come uomini del ferro. Una tribù, a causa di invasioni e guerre, fu costretta a fuggire e a raggiungere un luogo meno ostile. Questi attraccarono sulle pianure più prossime alla riva del mare e lentamente si spostarono verso le vallate del Gran Paradiso. Dopo un lungo periodo di nomadismo, il capo tribù Salaxo comprese che tutti gli uomini erano stanchi ed affamati e che avevano un ergente bisogno di un posto stabile dove vivere.

Salaxo ordinò ai suoi di accamparsi nella vicina vallata e si avviò nella sua impresa per incontrare gli Uomini del Ferro. Giunto al villaggio, si imbatté nel capo che non indugiò un attimo ad ospitare lo straniero nella sua dimora. Per alcuni giorni Salaxo visse con la popolazione per approfondire la loro conoscenza finché non giunse il momento di rivelare le sue vere intenzioni. A quel punto, Salaxo si fece avanti e chiese al capo degli Uomini di Ferro di lasciar vivere in pace la sua tribù in una vallata dove avevano costruito i loro giacigli e di concedere loro una nuova patria.

A tale proposta, il condottiero dei minatori rispose: “Rimarrete solo conquistando il permesso del Re degli Stambecchi”. Salaxo, si mise subito in cammino, finché non si trovò davanti ad uno stupendo e grandissimo stambecco. Corna magnifiche, lunga barba folta e uno sguardo duro, così si presentò l’enigmatica presenza. Anche se intimorito, l’uomo si avvicinò prepotentemente esclamando:” Io ed il mio popolo rimarremo qui, con o senza il tuo permesso!”.

Quasi come se tali parole non fossero state udite, lo Stambecco iniziò a salire sulla montagna. Si arrampicarono sui pendii del monte e nonostante Salaxo più di una volta avesse rischiato di arrendersi, si diede coraggio per la sua tribù e proseguì nell’impresa. D’improvviso, l’animale scomparve nella nebbia. Le gambe tremanti e la stanchezza stavano per fermare Salaxo ancora una volta, ma con un ultimo sforzo riuscì a raggiungere la vetta. Era giunto sopra le nuvole, le vallate si dispiegavano verso l’infinito e lo sguardo si perdeva davanti a cotanta bellezza.

Salaxo alla vista del paesaggio esclamò: “Questo è il paradiso!”. “È vero!”, lo Stambecco riapparve dalla foschia da cui era svanito qualche istante prima. “Così lo chiamerai coi tuoi, il Gran Paradiso” concluse l’animale leggendario. “Hai dimostrato forza, coraggio, fierezza accettando la mia sfida. Ma ciò che ti vale il mio permesso è l’amore con cui hai visto il mio regno, togliendo la guerra dal tuo cuore. Io ti accetto, potrai rimanere in queste valli, a patto che tu le custodisca così come le hai ammirate oggi”.

Testo Originale di Roberto Cucaz – fonte: Parco Nazionale Gran Paradiso

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 Camping Gran Paradiso

Il pomeriggio prima dell’escursione, dopo aver percorso tutta la strada della Valsavaranche, ci siamo recati al Camping Gran Paradiso, un campeggio meraviglioso immerso nella natura più selvaggia e circondato da un anfiteatro naturale di montagne e vegetazione. Non avendo bisogno di elettricità, siamo stati condotti in una zona del campeggio più riservata dove ci è stata assegnata una piazzola adiacente ad un torrente dall’acqua cristallina e con una vista sulla cascata privata pochi metri più avanti. Un vero e proprio paradiso!

Abbiamo parcheggiato il nostro mitico van tra gli alberi e abbiamo subito montato l’amaca. Il nostro viaggio on the road era ancora agli albori dell’intero itinerario, eppure già dai primi giorni, aveva riempito di gioia ed emozioni i nostri cuori. Adesso che eravamo al camping Gran Paradiso era il momento di lanciarsi nella preparazione della cena e ad accendere il barbecue per gustare la carne scrupolosamente acquistata in una piccola macelleria nella cittadina di Villeneuve (AO).

Abbiamo fatto una piccola passeggiata uscendo dal Camping e successivamente abbiamo deciso di accendere la brace poiché il meteo non prometteva nulla di buono. Ma quando ormai sembrava fatta, il cielo ha cominciato a coprirsi e senza neanche un momento per comprendere cosa stesse accadendo, ecco che ha cominciato a piovere. Seccato dalla cosa, mentre la mia ragazza preparava un aperitivo nel van, ho continuato a tenere viva la brace cercando di cuocere la carne fino all’ultimo istante.

Alla fine il barbecue non si è rivelato un fallimento completo. Infatti, nonostante tutto, siamo riusciti a mangiare buona parte della carne, anche se in compenso, il fumo e il fiato speso per mantenere la brace accesa sotto la pioggia mi hanno donato una persistente fragranza di arrosto che inesorabilmente ancora affligge il mio k-way. Inoltre, le ultime salsicce avanzate sono state generosamente offerte ad una volpe di passaggio che ha apprezzato appieno la qualità del prodotto.

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Dal Camping Gran Paradiso al Rifugio Federico Chabod

Al mattino siamo stati accolti dal cinguettio degli uccelli e da una piacevolissima pace. Il soave vociare dei volatili accompagnava la quieta melodia del silenzio della montagna. Con quella calma che solo gli intenditori possono comprendere, abbiamo fatto colazione e abbiamo preparato gli zaini da trekking per intraprendere la nostra escursione di giornata nel Gran Paradiso: verso il Rifugio Chabod.

La Valsavarenche ci ha stupiti dal primo momento, le sue cascate che riversano quantità di acqua incalcolabile in ogni dove, alberi e vegetazione che raggiungono latitudini molto elevate e dorsali che si susseguono in uno scenario mozzafiato: il selvaggio per eccellenza. Ma non avremo mai potuto immaginare quanta bellezza potesse offrire questo parco nazionale prima di questo trekking.

Siamo partiti dalla piccola area di sosta situata appena dopo il Camping Gran Paradiso e abbiamo seguito il segnavia n. 5 per il Rifugio Chabod. Nel primo tratto, quindi per circa un’ora, abbiamo percorso un sentiero in pietra eretto a gradoni che in stile tornanti conduce molto regolare nella parte più elevata del tipico bosco alpino del Parco nazionale del Gran Paradiso. Dopo un’ora di escursione ci affacciamo da una terrazza naturale dove sono state realizzate delle panchine con dei tronchi di albero. Meraviglia è l’aggettivo che meglio descrive ciò che abbiamo provato affacciandoci da quel balcone sulla parte più wild della Valsavaranche e sulle pareti alpine della riserva naturale.

Dopo una breve pausa di stupore, abbiamo ricominciato a salire procedendo con il nostro passo e con un meteo che sembrava tenere piuttosto bene. A parte due tre nuvole bianche e splendenti, il cielo era azzurro e profondo. Percorrendo il sentiero, i gradoni d’improvviso hanno lasciato il posto alla terra battuta e alle radici. In circa un quarto d’ora dalla fine delle scalinate in roccia, abbiamo raggiunto una vecchia casupola con un fontanile, luogo ideale per riempire le borracce e continuare sulla nostra via.

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La prateria alpina, superata quota 2.200 m

In tutta la prima parte dell’escursione abbiamo percorso un sentiero completamente immerso nel bosco di conifere e a tratti abbiamo avuto la possibilità di scorgere alcune vedute da un’altezza che via via andava aumentando. Invece, in questa seconda parte fuori dal bosco, abbiamo continuato il nostro trekking zigzagando tra le verdi praterie e i fiori variopinti disseminati su tutta la superficie della montagna. Inoltre, da questo momento abbiamo iniziato ad avere una panoramica completa per tutto il tempo.

Proseguendo sul sentiero, il Gran Paradiso ci ha donato degli spettacoli mozzafiato: la Valsavarenche brillava di luce propria e il sole donava lucentezza ad ogni elemento presente in quel luogo. Ogni sasso, fiore, filo d’erba, farfalla e perfino le tante temute nuvole creavano un’atmosfera unica che ad ogni passo mi facevano esclamare: “Questo è davvero il paradiso!”

Abbiamo proseguito ancora un’ora prima di scavalcare la montagna e di ritrovarci dinanzi all’incredibile vista del Gran Paradiso, 4.061 m s.l.m., la parete settentrionale del massiccio montuoso più alto della nostra penisola ad essere completamente in territorio italiano. A prima vista siamo stati ammaliati da cotanta bellezza e maestosità. Alcune nubi bianche di quelle che riescono a rendere ogni foto pazzesca avevano assaltato il massiccio e dinanzi a noi si stava delineando un vero e proprio quadro di madre natura.

Tra meraviglia e sgomento, abbiamo continuato a salire verso il Rifugio Chabod, ora con più difficoltà per via del sentiero più ripido, ma anche per l’altitudine che cominciava a toccare quote sempre più elevate. Il paesaggio è diventato sempre più alieno ricordando a tratti valli incantate di un pianeta di una galassia lontana. Ad ogni nuovo passo, la fatica era sovrastata dall’ammaliante scenario paradisiaco che si presentava ai nostri occhi.

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Il Rifugio Chabod, gli ultimi sforzi

Dopo un lungo susseguirsi di sentierini e dopo aver avvistato alcune poiane, abbiamo raggiunto il segnavia che indicava gli ultimi dieci minuti di trekking. In questo punto si collega anche il sentiero con segnavia 1A che collega questo rifugio, ossia il Rifugio Chabod con il Rifugio Vittorio Emanuele.

Emozionati dalla vista del Gran Paradiso che si apriva sempre più e dalla visione del rifugio in cima ad una montagnola, abbiamo ripreso un passo spedito e ci siamo lanciati negli ultimi istanti di escursione. Inoltre, il tempo stava cominciando a cambiare rapidamente e avremo potuto rischiare di non vedere il massiccio per via delle condizioni atmosferiche.

Pertanto, abbiamo accelerato il passo e in pochissimo, quasi saltellando, abbiamo conquistato l’obiettivo raggiungendo l’affascinante Rifugio Federico Chabod a quota 2.710 m s.l.m. Da questa posizione lo scenario è a dir poco sbalorditivo. La catena montuosa si eleva imponente dominando su ogni cosa che la circonda. Dinanzi a noi il Gran Paradiso, il Piccolo Paradiso, il Roc e il Montcorvé si stagliavano magnifici verso l’alto quasi a sfidare il cielo stesso.

Il Rifugio Chabod è un angolo di pace protetto dalle immense conformazioni rocciose del Gran Paradiso, parco naturalistico e luogo incantato scolpito dal complesso operato di madre natura. La vegetazione, i pendii scoscesi, le vette innevate, i ghiacciai, gli scenari variopinti e i panorami mozzafiato ricordano all’uomo che il paradiso esiste ed è ogni giorno alla nostra portata.

rifugio federico chabod ai piedi del Gran Paradiso, Piccolo Paradiso e le cime del massiccio del gran paradiso

Innanzi a tale meraviglia siamo stati colti dalle emozioni più contrastanti. Abbiamo ammirato le strabilianti creazioni della natura quasi assuefatti dall’incredibile fascino in grado di scatenare. Infine, dopo aver immortalato quel magico istante abbiamo ricominciato la discesa verso la valle Valsavarenche concludendo una delle escursioni ed esperienze più belle della nostra vita.